Nel 1914 Charlie Chaplin creava il suo indimenticabile personaggio del vagabondo
“Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca”
(Charlie Chaplin)
di Alessandro Ceccarelli
Il 7 febbraio del 1914 è una data fondamentale nella storia del cinema. Appare infatti per la prima volta sullo schermo il personaggio di Charlot, il vagabondo buono e umano creato dal genio di Charlie Chaplin, uno degli artisti più importanti del XX Secolo. La Cineteca di Bologna, a cui è stato affidato l’intero archivio di Charles Chaplin, composto da oltre 150 mila ‘pezzi’, sul quale è stato portato a termine nel 2013 il lavoro, durato 15 anni, di digitalizzazione e catalogazione, sta realizzando il restauro dell’intera filmografia. Curerà inoltre i festeggiamenti ufficiali del Centenario di Charlot affidatigli dall’Association Chaplin.
Il personaggio del vagabondo, dalla sua nascita al suo evolversi fino al 1940 (quando il regista si arrende definitivamente al sonoro), è simbolo di grande umanità che accusa e rispecchia la triste realtà di varie generazioni dell’America degli anni ’20 e ‘30. Non a caso Charlot è un vagabondo con buffi vestiti e dai modi sgraziati, proprio per questo è destinato ad essere sempre ai margini della società, ad essere il più bersagliato dalla sfortuna e dalla cattiveria della gente più potente di lui, insomma obbligato ad essere l’ultima ruota del carro. Sebbene all’inizio del periodo delle sue prime comiche (1914-1915) il personaggio non facesse notare tali aspetti, negli anni successivi gran parte delle comiche dirette, scritte, montate, musicate e interpretate da Charlie Chaplin avranno totalmente come sfondo questa triste realtà. La fame e la sofferenza saranno le uniche amiche e accompagnatrici del povero vagabondo che cerca la fortuna per le strade deserte e misere della città, sempre bersagliato dalla sorte ostile. L’unico elemento a cui spesso Charlot si aggrappa con le proprie forze è l’amore per qualche animale (spesso un cane) o per una bella ragazza, in gran parte dei casi anche lei sfortunata e miserabile. Proprio da questo oggetto del desiderio, Charlot tirerà fuori il meglio di sé, apparendo gentile e cortese e dai portamenti nobili e soprattutto si batterà contro il suo rivale, più potente robusto e forte di lui, riuscendo sempre a vincere con l’astuzia. Alcuni film in cui Chaplin raggiunge l’apice artistico mettendo in mostra queste tematiche sono: “Vita da cani” (1918) , “L’emigrante” (1917) “Il Monello” (1921) e “La febbre dell’oro” (1925). Dopo lo Charlot buffone e di aspetto umano e realistico, vi è lo Charlot satirico. Infatti Chaplin riteneva che per sottolineare gli aspetti negativi della società degli anni ’30 (quando gli Stati Uniti furono colpiti dalla tragedia della “Grande depressione”) non fosse necessario solo lo stereotipo dell’uomo fallito e sfortunato, ma anche e soprattutto la satira di un personaggio simpatico, in maniera da suscitare interesse del pubblico, facendogli capire chiaramente il messaggio sociale lanciato. Due famosi film (ad eccezione de “Il grande dittatore” (1940) in cui Charlie Chaplin rappresenta queste caratteristiche sono: “Il vagabondo” e “Tempi moderni”, uno dei capolavori assoluti della storia del cinema. Nel primo Charlot, salvata una contadina dai soprusi di tre brutti ceffi, è assunto dal contadino, padre della ragazza, come operaio a tempo indeterminato nella sua azienda agricola. Charlot sarà contento della proposta, ma le dure fatiche del lavoro lo faranno impazzire. Nel secondo film la satira è ancora più graffiante e raffinata: un operaio, come i moltissimi di un’imponente azienda produttrice di metallo, è costretto a rispettare massacranti turni di lavoro. Il proprietario della fabbrica è un uomo che si ritiene una specie di genio dell’umanità. Per questo egli ordina che gli operai non si distraggano durante il lavoro e che sprechino poco tempo durante le pause, aumentando ancora di più il loro malessere. Come se non bastasse, il direttore con l’aiuto di tecnici fa impiantare delle macchine davanti a ciascuno degli operai intenti a lavorare a ritmo incessante davanti ad una catena di montaggio, in continuo movimento, ad avvitare e smontare bulloni. Questa macchina secondo i tecnici dovrebbe ridurre i tempi della pausa pranzo di ciascun impiegato, permettendogli di produrre più materiale per l’azienda. Tuttavia la macchina che dovrebbe essere in grado di servire l’operaio facendogli ingerire cibo e bevande, si rivela un fiasco e il primo a doverne sperimentare le scadenti qualità è proprio il povero Charlot che ne uscirà fuori totalmente pazzo. Egli è ormai abituato a muovere le mani e le braccia come se dovesse avvitare in continuazione bulloni e ciò sarà causa di tante divertenti situazioni. Con la doppia interpretazione di due personaggi ne “Il grande dittatore: Adenoid Hynkel e il barbiere ebreo, Chaplin decreta la morte del classico vagabondo, per farne nascere dalle ceneri un nuovo personaggio incentrato totalmente nella satira. A quel tempo negli anni 1939-40 con l’ascesa al potere di Hitler, iniziarono gravi persecuzioni contro gli ebrei e soprattutto aspre e sanguinose guerre che iniziarono dalla Polonia e si espansero fino alla Francia. Gli Stati Uniti allora si era mantenuta ancora neutrale. Chaplin così decise di avvalersi delle sue capacità riguardanti la satira di Charlot per dar vita ad un nuovo personaggio vittima del potere. La capacità creativa di Chaplin sta appunto nel mettere in atto sulla scena un personaggio che usa una maschera per apparire odioso, potente e crudele al pubblico durante i suoi discorsi alla città di Berlino e ai fedeli nazisti, mentre al contrario quando si trova nel suo palazzo bunker appare come un uomo, spesso consigliato dai collaboratori, che mira solo ad essere perfetto e migliore a tutti.
Questo importante anniversario è anche un’occasione per le nuove generazioni di avvicinarsi allo straordinario personaggio di Charlie Chaplin. Il regista ha sempre dato grande importanza alla grande umanità e alla semplicità dei sentimenti universali del vagabondo: fratellanza, rispetto, solidarietà e allegria.