Oscar 2018, trionfa la diversità
L’edizione degli Oscar del 2018 ha visto l’affermazione di un film poco hollywoodiano, con evidenti riferimenti politici, umani ed esistenziali il tutto condito da una buona dose di fantasy ed evasione impegnata.
di Alessandro Ceccarelli
“La forma dell’acqua” del cineasta 53enne messicano Guillermo Del Toro, si è aggiudicato quattro Premi Oscar (per la regia, film, scenografia e colonna sonora), oltre a vari riconoscimenti internazionali al Festival di Venezia, ai Golden Globe e Bafta. Il regista Del Toro, a suo agio per storie dark e gotiche ha rappresentato con uno stile originale una storia fantasy ambientata durante la guerra fredda che vede come protagonisti due persone penalizzate dalle loro diversità. I tre film concorrenti, “L’ora più buia”, “Dunkirk” e “Tre manifesti ad Ebbing Missouri”, si sono dovuti accontentare delle statuette tecniche e quelle per i migliori attori. Il film “Chiamami con il tuo nome” dell’Italiano Luca Guadagnino ha vinto un importante Oscar per la miglior sceneggiatura non originale scritta dall’89enne James Ivory.
Nessun riconoscimento per “The Post” di Steven Spielberg, lucida rievocazione della battaglia per la libertà di stampa tra il presidente Nixon e il “Washington Post” negli Stati Uniti degli anni ’70. Peccato soprattutto per la straordinaria interpretazione di Meryl Streep che avrebbe sinceramente meritato il suo quarto Oscar.
Gary Oldman, splendido interprete di Winston Churchill in “L’ora più buia” era ovviamente il più papabile per l’Oscar come miglior attore protagonista anche grazie allo straordinario trucco di tre artisti del calibro di Kazuiro Tsuuji, David Mailinowski e Lucy Sibbick che lo hanno trasformato nel celebre statista britannico che non piegò la testa ad Adolf Hitler. L’intensa Frances McDormand ha giustamente vinto la statuetta per la sua drammatica performance in un film contro il razzismo, l’intolleranza e una diffusa mentalità settaria della provincia americana. Meritatissimo anche l’Oscar per l’eccellente caratterista Sam Rockwell, poliziotto razzista e ‘mammone’ nel film di Martin McDonagh.
La bravissima e convincente attrice Allison Janney, ha conquistato il prestigioso riconoscimento come migliore attrice non protagonista per il commovente “Toya” diretto da Graig Gillespie.
L’originale affresco visivo “Dunkirk”, realistica ricostruzione del salvataggio di 300mila soldati inglesi intrappolati sulle spiagge francesi nel maggio del 1940 ha conquistato due Oscar: uno per il sonoro e un secondo per il montaggio. Il film del talentuoso regista angloamericano avrebbe sicuramente meritato di più soprattutto per l’aspetto visivo e per l’impostazione narrativo-documentaristica. Anche “L’ora più buia” dell’inglese Joe Wright, pellicola complessa dallo stile teatrale poteva certamente ambire a maggiori riconoscenti.
Infine un altro film ambizioso, “Blade Runner 2049”, del canadese Denis Villeneuve, sequel celebre cult movie di Ridley Scott ha vinto due statuette per gli effetti speciali e per la fotografia ad opera del grande operatore Roger Deakins.