domenica, Dicembre 22, 2024

Africa: nuovi focolai del virus Ebola

Torna l’incubo Ebola in Africa e il mondo trema. Il virus che tra il 2014 e l’inizio del 2016 contagiò oltre 28 mila persone, con oltre 11 mila decessi, è ricomparso nella Repubblica democratica del Congo dove, secondo il ministero locale della Sanità, sono finora 17 le persone uccise a causa di un nuovo focolaio. La malattia da virus Ebola (Evd) è una febbre emorragica che si trasmette alle persone da animali selvatici infetti; si diffonde all’interno della comunità per contatto diretto: con gli organi, il sangue e gli altri fluidi biologici (saliva, urina o vomito) di soggetti infetti (vivi o morti). Dall’Africa l’epidemia arrivò in Ue, compresa l’Italia, e anche negli Usa, portata da chi era stato nei Paesi a rischio per motivi di lavoro. I primi contagiati furono proprio gli operatori sanitari.
La notizia di un primo possibile caso italiano di Ebola arrivò il 24 novembre 2014 quando Emergency annunciò, senza rivelarne il nome, che un suo operatore in Sierra Leone aveva i sintomi della malattia. Era Fabrizio Pulvirenti, che fu trasferito in Italia e curato con successo all’Inmi ’L. Spallanzani’ di Roma, dimesso dopo 39 giorni di ricovero. Come fu salvato Stefano Marongiu, l’infermiere di Emergency secondo caso italiano, ricoverato il 13 maggio 2015 e dimesso un mese dopo.
La pericolosità del virus sta nel tasso medio di mortalità: circa il 50%. Nelle epidemie passate variava dal 25% al 90%. I primi casi di Ebola furono segnalati in Africa Occidentale a gennaio 2014, ma vennero confermati a solo a marzo. Tuttavia l’Oms non ha dichiarato l’emergenza fino all’agosto dello stesso anno. Un ritardo che innescò molte polemiche nella comunità scientifica. Dall’inizio dell’epidemia di Ebola al 27 marzo 2016 sono stati segnalati all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) un totale di 28.646 casi sospetti, probabili o confermati di Evd e 11.323 decessi, in dieci Paesi (Liberia, Guinea, Sierra Leone, Mali, Nigeria, Senegal, Spagna, Regno Unito, Italia e Stati Uniti d’America). A gennaio 2016 l’Oms dichiarò la fine dell’epidemia in Africa occidentale.
Si iniziò a parlare di un misterioso virus con febbre emorragica in Africa nel 1976. Da allora non è cambiato molto. A distanza di 42 anni, il virus continua a uccidere e da allora si chiama Ebola. A scoprire questa minaccia globale fu il microbiologo Peter Piot, che insieme ai suoi colleghi decise di chiamarlo Ebola dal nome del fiume che scorre nella valle dove era morta la suora che si era ammalata di una misteriosa febbre a Kinshasa, proprio nella Repubblica democratica del Congo.
Dal 1976 sono stati fatti dei passi in avanti per sconfiggere il virus. Presto l’arma vincente potrebbe essere il vaccino. Dal 2016 sono iniziate infatti molte ricerche per sviluppare un’arma efficace. L’impegno dell’allora presidente degli Usa Barack Obama e di alcune fondazioni private aveva portato a un investimento di 170 milioni di dollari. Coinvolgendo colossi farmaceutici come Merck e Johnson&Johnson e realtà come Mapp (con il ’Zmapp’) e Regeneron. A fine 2017 la buona notizia arriva dal successo delle sperimentazioni in Africa su due candidati vaccini per il virus Ebola, fra cui quello ideato in Italia sviluppato dall’azienda Okairos.
Sempre sul versante italiano, va segnalata la lotta all’Ebola del team dello Spallanzani di Roma, nei 39 giorni di ricovero del primo paziente italiano affetto dal virus (il medico di Emergency Pulvirenti): è stata pubblicata una ricerca sulla rivista ’BMC Infectious Diseases’. Il lavoro ripercorre l’impegno per la gestione della polmonite interstiziale, l’analisi critica delle situazioni, la lista di tutte le persone e le istituzioni coinvolte. Un ruolo determinante per l’evoluzione positiva del caso "ha avuto sicuramente la ventilazione meccanica, che ha permesso le ripresa delle funzioni respiratorie – hanno spiegano gli specialisti – e la terapia antimalarica somministrata anche se non c’era rilevanza della presenza".
Sul sito del ministero della Salute è stato pubblicato un decalogo ’Cosa sapere, cosa fare’ sull’Ebola. 1) In Italia non sono stati registrati casi di trasmissione del virus Ebola; 2) In generale in Europa, il rischio di un’epidemia è improbabile; 3) Le autorità sanitarie pubbliche dell’Unione europea possono rilevare e confermare in modo efficiente i casi di Ebola e quindi prevenire la sua diffusione. Casi isolati secondari si sono verificati negli Usa e in Spagna tra gli operatori sanitari; 4) Il virus Ebola non è contagioso come, per esempio, quello dell’influenza, poiché non è trasmissibile per via aerea. Si trasmette attraverso il contatto diretto con fluidi corporei o oggetti contaminati da fluidi corporei di persone malate; 5) Chi rischia di più sono gli operatori sanitari e il personale delle organizzazioni umanitarie non governative, che forniscono assistenza e cure mediche nelle zone colpite da Ebola.
E ancora: 6) Chiunque rientri da un viaggio compiuto negli ultimi 21 giorni in un’area epidemica o sia stato a contatto con un caso di Ebola negli ultimi 21 giorni, in caso di comparsa di sintomi riconducibili alla malattia (febbre superiore a 38,6 °C), deve subito contattare telefonicamente il proprio medico curante o la struttura ospedaliera più vicina; 7) La persona che ha avuto un contatto con un caso di Ebola deve comunicarlo immediatamente al proprio medico curante o alla propria Asl per la profilassi adeguata; 8) I medici, gli infermieri e i volontari delle organizzazioni non governative al rientro dai Paesi epidemici seguono un protocollo di sicurezza prestabilito; 9) La rete sanitaria delle emergenze ha in atto protocolli per la gestione e il trasporto in sicurezza del caso sospetto in strutture ad alto isolamento; 10) La diagnosi e il trattamento precoci aumentano la sopravvivenza.
Mentre in Africa devono fronteggiare una nuova epidemia di Ebola, il virus continua ad affascinare il mondo dell’intrattenimento. Un mese fa la rete americana National Geographic ha annunciato che la storia dell’epidemia di Ebola diventerà anche un serie tv: ’The Hot Zone’, curata da Ridley Scott. Ma già nel 1995 uscì in sala il film ’Virus Letale’ di Wolfgang Petersen con Dustin Hoffman, un thriller fantascientifico che in parte ha anticipato la grave epidemia del 2015. Lo stesso anno di uscita di ’Ebola Zombies’ di Samuel Leong. Un gruppo di ladri irrompe in un laboratorio nascosto dove vengono compiuti esperimenti con la Sars e l’Ebola su dei cadaveri che poi trasformano in zombie assetati di sangue.

Redazione
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