Una palma tropicale contro la prostata ingrossata: si tratta della Serenoa repens, pianta originaria dell’America sud orientale, il cui estratto esanico sarebbe in grado di ridurre di oltre il 60% il rischio di compromettere la qualità di vita sessuale dei pazienti con ipertrofia prostatica benigna, e scongiurare il ricorso al bisturi. Ad affermarlo sono gli esperti riuniti in occasione del 42esimo Congresso nazionale della Società italiana di andrologia (Sia).
A differenza di quanto si credeva in passato – sottolineano gli andrologi – è ormai chiaro che l’ipertrofia prostatica benigna è associata a un elevato grado di infiammazione, presente nel 77% dei pazienti. Se non viene curata, questo si traduce in una maggiore progressione della malattia e in un aumento del rischio di intervento chirurgico. Ridurre l’infiammazione – osservano – è quindi la strada giusta per cambiare la storia della malattia, perché può ridurre i sintomi urinari e la tendenza all’ingrossamento. Ricerche scientifiche, condotte sia in vitro che in vivo, hanno dimostrato che l’estratto agisce come anti-infiammatorio specifico per la prostata, ed è in grado di ridurre la produzione di interleuchine e dei fattori di crescita. Alla luce di questi dati di efficacia, l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha redatto un report, indicando l’estratto esanico di Serenoa repens come l’unico supportato da evidenze in grado di sostenerne un ampio utilizzo nell’ipertrofia prostatica benigna come farmaco efficace e sicuro.
Per quanto sia di derivazione naturale, si tratta però di un vero e proprio farmaco, profondamente diverso dagli integratori alimentari,che deve essere prescritto dal medico. Per Alessandro Palmieri, andrologo e presidente Sia, "il farmaco a base naturale potrebbe rivelarsi molto utile soprattutto in via preventiva, essendo molto sicuro e affidabile: se riuscissimo a iniziare il trattamento prima dell’innesco di meccanismi cronici, si eviterebbero terapie con un grosso impatto sulla qualità di vita sessuale dei pazienti. Oggi – osserva – l’ipertrofia prostatica si può curare con successo, ma per farlo non basta basarsi sulla semplice dimensione della ghiandola perché l’ingrossamento dipende anche dall’infiammazione".
"L’infiammazione della prostata è presente in oltre due pazienti con ipertrofia prostatica benigna su tre, e se non viene curata può peggiorare i sintomi e far progredire la malattia, oltre che ridurre l’efficacia delle terapie – aggiunge Tommaso Cai, segretario Sia – D’altra parte, la cura per i disturbi della prostata ha effetti collaterali rilevanti sulla sessualità, specialmente nei giovani pazienti, come deficit erettile ed eiaculazione retrograda. È perciò essenziale poter garantire terapie che oltre al controllo dei sintomi consentano anche il blocco della progressione della malattia, per non dover essere costretti al bisturi", conclude.