L’economia italiana rallenta: la crescita del Pil si ferma al +1,2% nel 2018 per poi scendere ulteriormente, inchiodandosi all’1,0% nel 2019. Il Fondo Monetario Internazionale rivede al ribasso le stime per il Belpaese, tagliandole di 0,3 punti percentuali per quest’anno e di 0,1 punti per il prossimo e mostrandosi più ’pessimista’ rispetto all’Unione Europea, alla Banca d’Italia e anche all’Ufficio Parlamentare di Bilancio. La sforbiciata rispetto alle stime di aprile contenute nel World Economic Outlook è legata ’’agli spread più ampi sui titoli di stato e alle più stringenti condizioni finanziarie in scia alla recente incertezza politica’’. Condizioni che il Fondo si attende possano ’’pesare sulla domanda interna’’ italiana.
La perdita di slancio della ripresa del Belpaese è certificata anche dall’Upb, che prevede un pil in crescita dell’1,3% nel 2018: osservando la tenuta dei consumi ma il calo di investimenti ed export, l’ufficio parlamentare di bilancio riporta un’occupazione in ripresa anche se l’area delle risorse sottoutilizzate è ancora ampia. Le previsioni dell’Upb sono in linea con quelle della Banca d’Italia, che stima per il 2018 una crescita dell’1,3 e per il 2019 un +1%, e della Commissione Ue che parla di una crescita dell’1,3% quest’anno e dell’1,1% il prossimo. Il rallentamento italiano – spiega il Fmi – si inserisce nel quadro della frenata di Eurolandia, incluse Germania e Francia. Dopo il +2,4% del 2017, il Pil dell’area euro e’ atteso ’’gradualmente rallentare’’ al +2,2% quest’anno e all’1,9% il prossimo, ovvero 0,2 e 0,1 punti percentuali in meno rispetto ad aprile. Invariate invece le previsioni per gli Stati Uniti, al +2,9% nel 2018 2 al 2,7% nel 2019, il cui slancio continua grazie al taglio delle tasse da 1.500 miliardi di dollari di Donala Trump. Ma la volata americana è a rischio di una frenata: gli Usa sono ’’vulnerabili’’ a una guerra commerciale globale, afferma il Fondo, vedendo nei dazi la maggiore minaccia alla crescita del mondo
. Il protezionismo – spiega l’istituto di Washington – va evitato perchè rischia di far deragliare la ripresa: in gioco c’è lo 0,5% del pil globale entro il 2020, quando l’economia, a carte ferme, è prevista crescere del 3,8%. A preoccupare è anche l’andamento dei conti pubblici americani: in un contesto di debito elevato, un ulteriore aumento del deficit già alto rischia di far mancare agli Usa gli strumenti necessari per fronteggiare un’eventuale recessione. Fra i crescenti rischi che si accumulano nell’orizzonte economico c’è la maggiore incertezza politica in Europa, che ’’si trova ad affrontare sfide politiche fondamentali sui migranti, sulla governance di bilancio e sull’architettura istituzionale dell’area euro’’.