La Sindaca accusata di falso per la dichiarazione, inviata all’Anticorruzione capitolina, in cui chiariva che Raffaele Marra non aveva avuto alcun ruolo nella promozione del fratello Renato a capo dell’ufficio Turismo
Nuvoloni grigi si addensano sempre più sulla testa della prima cittadina di Roma in attesa della sentenza di primo grado. Al di là di quanto prevede il ‘codice etico’ dei Cinque Stelle, un’eventuale condanna penale di Virginia Raggi per falso nella vicenda della promozione di Renato Marra a capo dell’ufficio Turismo aprirebbe diversi scenari:
I) Le dimissioni della stessa sindaca, volontarie o a seguito di una possibile consultazione tra gli iscritti M5S su Rousseau sul suo futuro;
II) Una sua uscita dal Movimento con proseguimento del mandato senza simbolo, a cui però dovrebbe seguire una mossa analoga di almeno 25 dei 28 consiglieri capitolini pentastellati;
III) Una sua sospensione dall’incarico in attesa di scontare la pena con Palazzo Senatorio affidato al vicesindaco all’insegna della continuità dell’amministrazione.
Insomma, tante le ipotesi al vaglio. Inutile aggiungere che la ridda di voci su una nuova possibile campagna elettorale per il Campidoglio – sarebbe la terza negli ultimi cinque anni – non aiuta affatto la sua stabilità. Ecco allora che Salvini, tra una mano tesa sul lavoro comune tra Viminale e Campidoglio e una dichiarazione critica, prova ad allargare le difficoltà dell’amministrazione romana M5s, lasciando intendere che la Lega – dopo aver ottenuto il 10% in tutte le periferie cittadine alle ultime elezioni politiche – stavolta sarebbe pronta a puntare direttamente alla poltrona del sindaco.
Accusata di falso per la dichiarazione, inviata all’Anticorruzione capitolina, in cui chiariva che Raffaele Marra non aveva avuto alcun ruolo nella promozione del fratello Renato a capo dell’ufficio Turismo. Ma che, anzi, l’allora capo del personale poi arrestato per corruzione si era limitato a una “pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte”, scrisse Raggi. Parole smentite, secondo la procura, dalle chat: motivo per il quale i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio della sindaca (e di Marra per abuso d’ufficio). Repubblica
La realtà per ora parla di un gruppo in Assemblea Capitolina con un solo consigliere, passato al Carroccio dopo essere stato eletto con Fratelli d’Italia. Per accendere le schermaglie elettorali puo’ bastare, visto che il principale gruppo di opposizione, il Pd, sembra fuori dai giochi nella ipotetica corsa al Campidoglio del prossimo anno a meno che non spunti a sorpresa il nome di un candidato che sappia mettere d’accordo tutti.
La gestione del Campidoglio, la direzione di marcia della politica romana per il 2019, i futuri rapporti tra i due alleati di governo Lega e M5S: tutto dipenderà dalla tanto attesa sentenza del 10 novembre prossimo quando il giudice del tribunale Roberto Ranazzi si pronuncerà sull’ipotesi di falso documentale contestata dalla Procura a Virginia Raggi in relazione alla nomina (prima congelata e poi revocata) di Renato Marra (fratello di Raffaele, all’epoca braccio destro della sindaca) alla Direzione Turismo con un aumento dello stipendio di 20mila euro lordi annui.
La frequenza ormai quotidiana delle schermaglie verbali tra Lega e M5s su come andrà guidata l’amministrazione capitolina fa chiaramente capire come la contesa per la Capitale rischi di trasformarsi nell’ennesimo fronte polemico per la maggioranza. Dalle uscite sul presunto immobilismo della giunta sulle buche, alla passeggiata per le vie del quartiere San Lorenzo nei giorni successivi alla morte della sedicenne Desiree Mariottini – drogata e violentata da un gruppo di extracomunitari – fino agli endorsement per Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, Salvini non ha risparmiato critiche al Campidoglio firmato 5 Stelle.
Lo fa sapendo che la Lega, in ascesa in tutti i sondaggi, sarebbe l’unica formazione che non avrebbe nulla da perdere da un eventuale ritorno alle urne nella Capitale. E la Raggi? Lei fa sapere di essere ‘tranquilla’ e ‘serena’ in vista della decisione del giudice mentre i suoi avvocati non escludono addirittura che possa fare “dichiarazioni spontanee” nell’udienza del 9 novembre quando, prima della requisitoria del pubblico ministero, sarà sentita come testimone Carla Romana Raineri, capo di Gabinetto in Campidoglio per 32 giorni fino alle sue dimissioni spiegate nel dettaglio in un lungo esposto consegnato a suo tempo ai magistrati.