L’aumento dei suicidi, la crescita del sovraffollamento ed una “riformina” dell’ordinamento penitenziario. Sono questi – secondo l’associazione Antigone – i tratti salienti del 2018 del sistema carcerario italiano. I suicidi sono stati 63 (quattro nel solo istituto di Poggioreale a Napoli), il primo avvenuto il 14 gennaio nel carcere di Cagliari e l’ultimo il 22 dicembre in quello di Trento. Era dal 2011 che non se ne registravano così tanti. Durante l’anno, ogni 900 detenuti presenti, uno ha deciso di togliersi la vita, venti volte di più che nella vita libera. “Di fronte a questa lunghissima serie di tragedie – dice Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione – abbiamo promosso una proposta di legge per prevenire i suicidi”. Il testo prevede maggiore accesso alle telefonate, maggiore possibilità di passare momenti con i propri famigliari, inclusa l’opportunità di avere rapporti sessuali con le proprie compagne o con i propri compagni, una notevole diminuzione dell’utilizzo dell’isolamento. “La prevenzione dei suicidi – sostiene Gonnella – ha a che fare con la qualità della vita interna, con la condizione di solitudine, con l’isolamento e con i legami affettivi all’esterno. Il carcere deve riprodurre la vita normale. Abbiamo inviato questa proposta ai parlamentari e a gennaio incontreremo alcuni di loro affinché arrivi presto in Parlamento”. Al 30 novembre, dopo 5 anni, i detenuti sono tornati ad essere oltre 60 mila. Con una capienza complessiva del sistema penitenziario di circa 50.500 posti, attualmente ci sono circa 10.000 persone oltre la capienza regolamentare, per un tasso di affollamento del 118,6%. Al momento la regione più congestionata è la Puglia, con un tasso del 161%, seguita dalla Lombardia con il 137%. Se poi si guarda ai singoli istituti, in molti (Taranto, Brescia, Como) è stata raggiunta o superata la soglia del 200%, numeri non molto diversi da quelli che si registravano ai tempi della condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo. “L’indirizzo dell’attuale governo – attacca Patrizio Gonnella – sembra quello di costruire nuovi istituti di pena. Costruire un carcere di 250 posti costa tuttavia circa 25 milioni di euro. Ciò significa che ad oggi servirebbero circa 40 nuovi istituti di medie dimensioni per una spesa complessiva di un miliardo, senza contare che il numero dei detenuti dal 2014 ad oggi ha registrato una costante crescita e nemmeno questa spesa dunque basterà. Servirebbe inoltre più personale, più risorse e ci vorrebbe comunque molto tempo. Quello che si potrebbe fare subito è investire nelle misure alternative alla detenzione. Sono circa un terzo le persone recluse che potrebbero beneficiarne e finire di scontare la propria pena in una misura di comunità”. L’anno che sta per chiudersi ha visto anche l’approvazione della riforma dell’ordinamento penitenziario, a conclusione di un iter avviato dal precedente governo che aveva convocato gli Stati Generali dell’esecuzione penale a cui avevano partecipato addetti ai lavori provenienti da diversi mondi. “Gran parte delle indicazioni uscite da quella consultazione sono state disattese – lamenta Antigone – in particolare proprio sulle misure alternative alla detenzione. Tuttavia su alcuni temi si sono fatti dei piccoli passi avanti, ad esempio con la creazione di un ordinamento penitenziario per i minorenni”.