È ancora incerta la correlazione tra inquinamento atmosferico ed epidemia Covid-19. Lo ribadiscono Maria Eleonora Soggiu e Gaetano Settimo del Dipartimento dell’Ambiente e salute dell’Istituto superiore di sanità (Iss). “Premesso che si tratta di una infezione virale sottoposta a meccanismi di trasmissione sicuramente diversi da quelli generalmente studiati nel settore dell’inquinamento atmosferico, in Italia – spiegano gli esperti sul sito dell’Iss – l’ipotesi di un’associazione è stata avanzata in virtù del fatto che aree come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna, dove il virus ha presentato la maggiore diffusione, fanno registrare generalmente le maggiori concentrazioni degli inquinanti atmosferici”. Quello che però metterebbe in crisi questo ragionamento è il fatto che nella Pianura Padana, dove solitamente i livelli di inquinamento sono molto elevati, si sono verificati focolai circoscritti. Oltre al fatto che le aree dove si è diffuso il virus sono anche quelle densamente più popolate e con rapporti intensi con paesi stranieri. “In sintesi, la complessità del fenomeno, insieme alla parziale conoscenza di alcuni fattori che possono giocare o aver giocato un ruolo nella trasmissione e diffusione dell’infezione Sars-CoV2, rendono al momento molto incerta una valutazione di associazione diretta tra elevati livelli di inquinamento atmosferico e la diffusione dell’epidemia Covid-19, o del suo ruolo di amplificazione dell’infezione”, scrivono gli esperti dell’Iss. “Uno studio potrà essere svolto con il corretto approccio scientifico, solo quando l’epidemia e l’emergenza saranno terminate e potranno essere disponibili tutte le conoscenze sulle variabili/fattori utili ad analizzare il fenomeno, effettuando anche un’analisi comparativa su scala piu’ ampia quale quella europea e internazionale”, aggiungono.