Il dottor Pietro Zaccagnino racconta la seconda settimana “in trincea” a Trento dove si trova a lavorare per l’emergenza coronavirus
Riceviamo e pubblichiamo – Lettere dal covid. E’ già trascorsa la seconda settimana… e mi sono reso conto del tempo che passa velocemente solo, in questa occasione! La buona notizia è che le mie nonne e nonni stanno migliorando, addirittura posso affermare che li vedo star bene, tanto che alcune di loro hanno ripreso le attività all’aperto, spiace che a scaldarle non ci possano essere i loro cari, ma un sole caldissimo che le calma e accoglie. Il covid dai tamponi effettuati per molte di loro è un ricordo, ed io sono felice. Ho preso vari insulti mentre li facevo, ma fa parte del mio lavoro del resto. Ad Arco c’è la pace, il ritmo è pesante, ma mi permette di riflettere. Non voglio entrare nella gestione politica di questa vicenda, sono un medico che sta qui per fare il suo lavoro. Lontano dalla routine però, riesci a vedere nitide più cose anche semplicemente da cittadino. Come medico sul campo, collabori, risolvi ciò che puoi, discuti e la giornata scivola via dietro alle emergenze o alla quotidianità delle terapie. Qui no, qui ho l’opportunità di vedere tutto, come in un film. Leggere le storie come in un libro. Quando ascolto le telefonate tra sanitari e figli, sento le limitazioni di entrambi, di chi invece che guardare tra le rughe, il viso della propria mamma che racconta del suo passato, deve affidarsi alle notizie di una cartella clinica e chi invece a fatica, cerca attraverso il filo di un telefono di rassicurare un parente che sta facendo il possibile, affinché vada tutto bene… è così surreale. Il dolore dei figli, si lega al grande lavoro ed al senso di impotenza dei sanitari. E poi penso che il coronavirus ha portato, alle scure luci della ribalta, solo gli ospedali e le rsa, eppure ci sono eccellenze di cui andare fieri, di cui da cittadini arrabbiati senza sapere, critichiamo. Penso ai nostri poliambulatori… a quello di Civitavecchia Ladispoli, di Capena che portano avanti con preoccupazione ed accortezza i compiti di tutti i giorni. A tutti gli infermieri, ai medici che ci lavorano dentro, agli amministrativi che sono rimasti dietro le loro scrivanie e non hanno mollato. E penso al grande lavoro di chi li dirige. In questo momento in cui alcuni ospedali romani hanno dovuto ridurre le prestazioni, ci sono poliambulatori, come quello di Civitavecchia che invece garantiscono lo stesso e per ciò che il decreto ha concesso le loro attività. I cittadini continuano a recarsi li per gli esami diagnostici, li dove vengono effettuate medicazioni, dove c’è chi di buona lena, ogni giorno si reca a fare tamponi, li dove vengono garantite le prestazioni più urgenti. Perché non dobbiamo dimenticare che purtroppo il covid non ha sostituito il cancro o altre patologie, ma anzi gli ha dato la mano come in una squallida associazione a delinquere. Li si muove la spaventosa macchina organizzativa, creata da ASL e Regione, che mette in opera leggi macchinose, calcoli economici e su tutto combatte con tanta burocrazia per la gestione di rsa proprio come questa, li ci sono uomini e donne che lavorano, e lo fanno per il bene di tutti. E così che da cittadino e da medico rifletto su quanto nonostante i suoi difetti sia meravigliosa ed imperfetta la razza umana, di quanto la scelta di fare il medico sia stata la migliore che potessi fare nella mia vita. Il mio lavoro ha tante sfaccettature, su tutte l’ imprinting è dedicarsi al bene altrui, ma per far sì che questo bene sia per tutti, devi essere medico , un capace manager, devi avere una mente lucida, devi pensare oltre e allora penso. Alla mia collega la dr.ssa Serra (che mi chiama per sapere come sto e mi chiede se ho bisogno di qualcosa). Lei il capo Distretto 1 che questa immane macchina la muove con la Azienda tra mille difficoltà. Il poliambulatorio il Cad, le strutture di riabilitazione, i ragazzi con disabilità, le comunità terapeutiche, il carcere, che come me si veste da marziano e va in ispezione per capire come meglio operare, nell’interesse di tutti, di chi sta dentro una struttura e di chi ne sta fuori. E sono fiero di fare parte di questo mondo, talmente fiero che ripensando proprio a lei, ed al carcere che gestisce, ho pensato a loro, gli ultimi. Così ho chiesto anche qui, come faccio con Komen per ASL Rm 4, un ecografo portatile, da poter usare girando per queste montagne, per portare le mie conoscenze di radiologo in queste strutture, e poter aiutare con la mia specializzazione chiunque ne abbia bisogno e lavorando, racconterò, di una Asl, di cui tanto ci si lamenta, ma che invece ha al suo interno un mare di eccellenze, di cui vado fiero, dal portantino, al primario, dall’amministratore, alla guardia giurata al personale degli sportelli Cup, all’amministrativo all’infermiere, al tecnico, davvero a tutti. Qui avrò da fare ancora una settimana, avrò da raccontare di una umanità romana, che con coraggio non molla, pensando davvero, anche agli ultimi. Siate fieri, del vostro operato, ai miei colleghi, a tutti i miei pazienti un abbraccio, il più forte lo invio a chi è nel dolore, sappiate che noi non abbiamo mai smesso di esserci, non vi lasceremo soli. Un fiero medico romano che lavora a Civitavecchia
Pietro Zaccagnino