“Comunicare la positività di un tampone riferendosi alla data nella quale viene emesso il referto è una grandissima stupidaggine epidemiologica”, qualcosa che si traduce in bollettini quotidiani che non rispecchiano il reale andamento dei contagi da nuovo coronavirus in Italia. Lo spiega Maria Rita Gismondo, direttrice di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano. “La data in cui una persona risulta positiva o negativa a Sars-CoV-2 – precisa l’esperta – è quella del prelievo” del campione da analizzare, “non quella in cui viene emesso il referto”. In altre parole, riportare i numeri dei pazienti Covid-positivi così come viene fatto è come mostrare agli italiani un quadro dell’epidemia ormai superato. Una foto vecchia. “Lo sto dicendo da giorni, forse anche da mesi”, afferma la microbiologa, sperando che prima o poi “si possa capire quello che cerco di far comprendere. I tamponi – sostiene Gismondo – andrebbero aggregati in base alla data di prelievo e non a quella di referto. Non è nulla di difficile”, assicura, perché “quando in laboratorio arriva un tampone c’è scritto sopra la data del prelievo: è quello è il momento reale in cui un positivo o un negativo è stato rilevato”. Un esempio per chiarire meglio: “Se io ricevo in laboratorio 100 tamponi, ma mi mancano i reagenti e li processo fra una settimana, dopo una settimana dirò che tot persone sono positive. Non è vero, non sono positive quel giorno, erano positive o negative la settimana prima. La positività o la negatività è quella del giorno di prelievo”, insiste l’esperta. Capirlo, e agire di conseguenza, “sarebbe una cosa estremamente importante”.