La Cina attaccherà Taiwan se non ci saranno altri modi d’impedirne l’indipendenza: il generale Li Zuocheng, capo del Dipartimento di staff congiunto e membro della Commissione militare centrale, ha detto che “se si perde la possibilità di riunificazione pacifica, l’Esercito di liberazione popolare con l’intera nazione, incluso il popolo di Taiwan, prenderà ogni misura necessaria per distruggere trame o azioni separatiste”. Li, in occasione del 15/mo anniversario della Legge antisecessione, ha aggiunto che proprio la legge del 2005 dà la base legale per un’azione militare. Il ministero cinese della Pubblica sicurezza corre in soccorso della polizia di Hong Kong dopo il via libera del Congresso nazionale del popolo alla controversa legge sulla sicurezza nazionale per l’ex colonia britannica. In una nota diffusa in tarda serata, il ministero ha assicurato ogni sforzo “per guidare e sostenere la polizia di Hong Kong al fine di fermare le violenze e ristabilire l’ordine”. La nuova legge punirà secessione, sovversione, terrorismo e interferenze straniere secondo modalità che saranno rese note nelle prossime settimane. La Cina ha presentato “proteste formali” contro Usa, Gran Bretagna, Canada e Australia che ieri hanno firmato la nota congiunta di condanna sull’imposizione da parte di Pechino della legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. “Queste nazioni non hanno titolo o basi legali per citare la Dichiarazione sino-britannica”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian. La nota ha lamentato la violazione “diretta degli obblighi internazionali” cinesi secondo la dichiarazione firmata prima della restituzione di Hong Kong e “registrata dall’Onu”. Taiwan ha replicato alle minacce delle forze armate cinesi di ricorrere all’uso della forza per riunificare Taipei alla Cina: il popolo dell’isola, che Pechino considera parte inalienabile del suo territorio, “non sceglierà mai di essere un Paese autoritario e di essere soggetto alla violenza”. In una nota, il Consiglio di Taiwan per le relazioni con la Cina ha precisato che la Repubblica di Cina, il nome ufficiale di Taipei, è un Paese sovrano che “non ha mai fatto parte della Repubblica popolare cinese in termini storici o di diritto internazionale”. Il governo di Hong Kong esprime “forte opposizione” alle critiche Usa sull’autonomia perduta con la legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino. In una durissima nota, un portavoce ha contestato “la minaccia di sanzioni che hanno lo scopo di interferire con la politica di un altro luogo” violando il diritto internazionale e le pratiche internazionali”, mettendo in guardia che, “nelle relazioni Hong Kong-Usa, qualsiasi sanzione è un’arma a doppio taglio che non solo danneggerà gli interessi di Hong Kong, ma anche significativamente quelli degli Usa”. Qualsiasi tentativo “di ostacolare la nuova legge sulla sicurezza nazionale della Cina a Hong Kong è destinato a fallire”: è la risposta del portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian alla minaccia del segretario di Stato americano Mike Pompeo di revocare lo speciale status commerciale di Hong Kong con gli Usa dopo la stretta di Pechino sull’ex colonia britannica. “Pompeo non ha vergogna sostenendo di stare dalla parte dei cittadini di Hong Kong. Pompeo sostiene solo i disordini e la violenza”, ha aggiunto Zhao. “L’Ue è forte quando parla con una sola voce, anche con la Cina – ha detto il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas, precisando che “l’Ue ha preso una posizione chiara: l’alto livello di autonomia di Hong Kong non deve essere eroso”. Presa di posizione di Londra, con visti più facili e percorso agevolato verso il passaporto britannico per i cittadini di Hong Kong da parte del Regno Unito. Lo ha annunciato il governo di Boris Johnson, in risposta alla Cina, se Pechino non rinuncerà all’imposizione della nuova legge sulla sicurezza nell’ex colonia già condannata da Londra – all’unisono con Usa, Canada e Australia – come “una violazione” delle garanzie sul modello ‘uno Stato, due sistemi’ previsto dalla Dichiarazione sino-briannica che sancì la restituzione del territorio. La possibile mossa britannica è stata minacciata apertamente dal ministro degli Esteri, Dominic Raab. E varrebbe per quei cittadini di Hong Kong, circa 300.000 attualmente, già in possesso del documento di British National (Overseas) – o Bno – una sorta di passaporto bis che al momento consente ai titolare solo di visitare il Regno Unito senza visto per periodi fino a 6 mesi, senza metterne in discussione la nazionalità cinese esclusiva. “Se la Cina continua lungo la strada intrapresa e dà attuazione a questa legislazione sulla sicurezza nazionale, noi rimuoveremo il limite dei sei mesi e consentiremo ai titolari dei passaporti Bno di chiedere di estendere il periodo (di permanenza nel Regno Unito) fino a 12 mesi per motivi di lavoro o di studio”, ha spiegato il capo del Foreign Office. Tempo sufficiente, ha sottolineato, a far maturare il diritto per “avviare il percorso verso una futura cittadinanza” britannica. Ma la Cina minaccia l’adozione di “necessarie contromisure” contro la Gran Bretagna se Londra allenterà le sue norme sui passaporti per i residenti di Kong Kong, consentendo ad esempio la possibilità di soggiorni prolungati.