giovedì, Dicembre 26, 2024

Recovery Fund, i Paesi dell’Unione europea sono ancora molto divisi. Le posizioni dei ‘frugali’ e del gruppo di Visegrad

I Paesi membri dell’Unione europea sono divisi sul Recovery Fund, il fondo per la ripresa messo sul piatto dalla Commissione per aiutare gli Stati alle prese con la crisi economica innescata dalla pandemia di coronavirus. Nel programma, che deve ottenere il sostegno di ogni capitale europea, i fondi sarebbero raccolti sui mercati direttamente dalla Commissione europea tramite obbligazioni garantite dal bilancio comunitario e verrebbero resi disponibili ai Paesi più bisognosi sotto forma anche di sussidi, e solo di non prestiti. La proposta, denominata ‘Next Generation Eu’, prevede infatti lo stanziamento di 750 miliardi di euro, di cui 500 miliardi a fondo perduto e 250 sotto forma di prestiti a condizioni favorevoli. Il fronte dei contrari vede in prima linea i cosiddetti Paesi ‘frugalì (Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia), fin dall’inizio scettici rispetto alla proposta di Bruxelles. Questi Stati, considerati i più ‘rigoristi’, vogliono abbassare l’ammontare totale del fondo e, in particolare, gli aiuti a fondo perduto. Si oppongono poi a una massiccia raccolta di soldi sul mercato e all’introduzione di nuove tasse. Danimarca, Paesi Bassi e Svezia hanno ottenuto una riduzione dei loro contributi al bilancio 2014-2020 rispettivamente di 130 milioni di euro, di 695 milioni e di 185 milioni di euro. Tali ‘scontì non verrebbero necessariamente trasferiti al prossimo bilancio, che deve ancora essere finalizzato. Ecco schematicamente gli orientamenti politici dei quattro Paesi e le relative posizioni sul Recovery Fund.
PAESI BASSI Premier Mark Rutte. Liberal conservatore. Maggioranza: liberali conservatori, Cristiano democratici, liberali di sinistra, (più altri piccoli partiti). L’Olanda ha ribadito più volte la richiesta di ricorrere ai soli prestiti e non alle sovvenzioni. E ha chiesto che l’uso delle risorse sia “condizionato all’effettiva attuazione delle riforme strutturali”.
AUSTRIA Premier Sebastian Kurz. Cristiano-democratico. Maggioranza: Cristiano-democratici e Verdi. Il Cancelliere Kurz ha espresso più volte il suo scetticismo sul piano: “Vogliamo mostrare solidarietà agli Stati particolarmente colpiti dalla crisi – è la premessa – ma riteniamo che il giusto mezzo siano i prestiti, non le sovvenzioni”.
DANIMARCA Premier Mette Frederiksen. Socialista. Maggioranza: socialista. (Appoggio esterno degli altri partiti di sinistra, il Blocco Rosso). Il mandato negoziale del governo danese ha indicato che la priorità assoluta nei prossimi colloqui sul piano sarà quella di mantenere lo sconto sul bilancio e che le altre preoccupazioni erano “secondarie”.
SVEZIA Premier Stefan Lofven. Socialista. Maggioranza: socialista e Verdi (ma è governo di minoranza). La ministra degli Esteri Anne Linde ha di recente ribadito che la posizione della Svezia è la stessa espressa dal premier Lofven al consiglio Europeo del 23 aprile: “Non diciamo no, ma vogliamo garanzie sui prestiti”, ha detto in quell’occasione. E ancora: “Abbiamo presentato una serie di requisiti per il fondo. Ad esempio, dovrà riguardare i prestiti, con rigide modalità di rimborso”. Il fronte dei contrari abbraccia oltre ai cosiddetti Paesi ‘frugali’ (Paesi Bassi, Austria, Danimarca e Svezia), anche i Paesi Visegrad (V4: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), con l’Ungheria in testa. I primi ministri dei Paesi del Gruppo Visegrad chiedono una convergenza sul Recovery Fund integrato nel nuovo bilancio pluriennale dell’Unione europea proposto dalla Commissione per far fronte i problemi economici innescati dalla crisi del Covid-19. Lo ha riferito il premier polacco, Mateusz Morawiecki, dopo il vertice a quattro a Lednice, in Moravia. A eccezione della Polonia, che ha recentemente visto un picco nei casi di Covid-19, i Paesi V4, avendo imposto le restrizioni in modo tempestivo, sono riusciti ad arginare quasi da subito i contagi. Più scettici rispetto alla proposta di Bruxelles restano i Paesi frugali. Danimarca, Paesi Bassi e Svezia, che hanno espresso fin dall’inizio una forte opposizione al piano straordinario dell’Ue, hanno ottenuto una riduzione dei loro contributi al bilancio 2014-2020 rispettivamente di 130 milioni di euro, di 695 milioni e di 185 milioni di euro. Tali ‘sconti’ non verrebbero necessariamente trasferiti al prossimo bilancio, che deve ancora essere finalizzato. Ecco schematicamente gli orientamenti politici dei quattro Paesi e le relative posizioni sul Recovery Fund.
POLONIA Premier Mateusz Morawiecki. Nazionalista conservatore. Maggioranza: partito nazionalista conservatore PiS. La Polonia, insieme alla Slovacchia, si è rivelata più conciliante sul fondo rispetto all’Ungheria e alla Repubblica ceca, che detiene la presidenza di turno V4. “I Paesi dell’Ue più ricchi dovrebbero pagare di più nel bilancio dell’Unione sulla scia della ripresa economica”, ha affermato il primo ministro Morawiecki dopo il vertice in Moravia. La Polonia, ha aggiunto, “sta spingendo fortemente in questa direzione. Non dovrebbero esserci sconti nel bilancio dell’Ue per quei Paesi che sono più ricchi”.
UNGHERIA Premier Viktor Orban. (Ufficialmente Ppe, cioè Cristiano democratico. Di fatto, nazionalista conservatore). Maggioranza: Fidesz. Fervente critico della Ue, il premier Orban ha affermato che il fondo è “filosoficamente abbastanza lontano da cio’ che gli ungheresi pensano del mondo” e che “finanzia i ricchi con i soldi dei poveri”. Il premier danubiano ha più volte detto che considera il meccanismo che sta alla base dell’intervento “assurdo e perverso”. Ma ultimamente ha ammorbidito la sua posizione e ha dichiarato che l’Ue ha bisogno di “soluzioni eccezionali in una situazione eccezionale” (per poi sottolineare “anche se rabbrividisco al pensiero”). E ha detto: “Siamo disposti ad accettarlo, ma deve ancora essere elaborato”.
REPUBBLICA CECA Premier Andrej Babis. Liberale. Maggioranza: liberale (il partito di Babis ANO) e socialdemocratici. Sul fronte della modalità di assegnazione dei fondi, “penso che il criterio principale debba essere il crollo del Pil (per ogni Stato membro) – ha dichiarato il primo ministro ceco Babi – che deve essere valutato all’inizio del prossimo anno”.
SLOVACCHIA Premier Igor Matovi. Ppe. Maggioranza: Cristiano-democratici, conservatori e sovranisti. “Vogliamo inviare un segnale insieme… che dovremmo essere onesti”, ha detto ai giornalisti il primo ministro slovacco Igor Matovi dopo la riunione di giovedì. “Dovremmo evitare – ha spiegato – una situazione in cui un Paese con più o meno la stessa popolazione e più o meno lo stesso Pil pro capite che si trovi in Europa meridionale trarrà vantaggio dal programma molto più di un paese dell’Europa centrale”.
Redazione
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