La pandemia mette a dura prova anche chi lavora in prima linea per la difesa delle donne dalla violenza maschile. Un fenomeno di cui si parla forse meno ma che è sempre insidioso e inquietante, soprattutto per le molte donne costrette in casa – a causa dei vari lockdown – insieme a mariti e compagni violenti. A ridosso del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’associazione ActionAid ha diffuso un monitoraggio sul fenomeno della violenza, i fondi destinati al settore, la situazione nelle Regioni alle prese con l’emergenza Covid-19.
I centri antiviolenza (CAV) e le case rifugio, afferma ActionAid, “durante la pandemia sono gli unici spazi che hanno continuato a funzionare del sistema antiviolenza, meccanismo spesso malfunzionante o addirittura inceppato. Solo l’enorme impegno messo in campo dai CAV, anche nelle situazioni più critiche come quelle lombarde, ha garantito alle donne che subiscono violenza di essere supportate”. Durante il primo lockdown, quando dopo un iniziale crollo il numero delle chiamate di aiuto al 1522, tra marzo e giugno 2020 è più che raddoppiato rispetto al 2019 con 15.280 richieste (+119,6%), in Lombardia, ad esempio, c’è stata una forte riduzione dello staff nei CAV causata dal dimezzamento del numero di volontarie – generalmente di età medio-alta e quindi a rischio contagio – e dalla malattia o messa in quarantena di operatrici. In aggiunta, i Centri sono stati costretti a turni di lavoro estenuanti, come nel caso della provincia di Cremona, che ha esteso la propria reperibilità h24 con risorse umane ridotte del 50%. Questo a fronte di ritardi e della mancanza di procedure standard delle istituzioni. Dalla scarsità di mascherine e guanti (distribuiti solo in pochissimi casi dalle istituzioni locali come a Brescia) all’impossibilità di accedere ai tamponi, fino alla mancanza di spazi adeguati per isolamenti fiduciari. Nonostante la circolare inviata a marzo 2020 dal Ministero dell’Interno alle Prefetture per rendere disponibili alloggi alternativi, i centri – ad eccezione di quelli di Pavia – sono stati costretti a ricorrere a bed&breakfast o appartamenti messi a disposizione da conoscenti e privati. È quanto denuncia il nuovo rapporto di ActionAid che monitora i fondi statali previsti dalla legge 119/2013 (la legge sul femminicidio) insieme all’attuazione del Piano antiviolenza 2017-2020. Il rapporto 2020, inoltre, si è focalizzato sulla risposta all’emergenza Covid19 in Lombardia, Calabria e Sicilia, mettendo in evidenza i ritardi ormai storici della ripartizione e erogazione dei fondi dallo Stato alle Regioni, che la pandemia ha reso ancora più gravi. Difficoltà che si sarebbero potute evitare soprattutto se i piani nazionali contro la violenza fossero stati regolarmente realizzati dal 2014 ad oggi. “Non è tollerabile che le istituzioni si presentino impreparate a fronteggiare un nuovo lockdown. L’epidemia ci ha dato lezioni che non dobbiamo dimenticare, prima tra tutte il ruolo essenziale dei CAV e delle case rifugio nel sostegno territoriale alle donne, che hanno dimostrato una grande capacità di adattamento nel reinventare un modello di intervento rapido che funziona solo con supporti adeguati. È necessario uscire dalla logica emergenziale per creare un sistema forte e duraturo. Con la seconda ondata pandemica i CAV corrono il rischio di arrivare al limite delle proprie capacità di sopravvivenza e di resilienza. Oggi è necessario istituire un Fondo di emergenza con risorse aggiuntive e prontamente disponibili ” spiega Elisa Visconti, Responsabile dei Programmi di ActionAid. Per il 2019, il Dipartimento Pari Opportunità ha ripartito tra le Regioni 30 mln di euro, di cui 20 mln da destinare al funzionamento ordinario di case rifugio e centri antiviolenza e 10 mln per il Piano antiviolenza. In tempi Covid, per rispondere ai nuovi bisogni delle strutture di accoglienza, la Ministra per le Pari Opportunità ha firmato un decreto di procedura accelerata per il trasferimento delle risorse per il 2019 prevedendo la possibilità di usare i fondi destinati al Piano antiviolenza per coprire le spese dell’emergenza sanitaria. A distanza di 6 mesi solo 5 Regioni hanno erogato i fondi: Abruzzo, Friuli Venezia-Giulia, Lombardia, Molise e Veneto. Nel dettaglio le risorse liquidate per l’annualità 2019 sono pari all’10%. Ad oggi nessun Decreto è stato emanato dal DPO per i fondi antiviolenza 2020. Siamo alla vigilia dell’elaborazione del nuovo Piano Nazionale, ma l’analisi della attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne – adottato nel 2017 e reso operativo con un piano approvato due anni dopo – rivela la sua incompletezza e il mancato rispetto della promessa trasparenza dei processi e delle decisioni. Le risorse effettivamente impegnate sono insufficienti per coprire le azioni programmate e risulta impossibile verificare se realmente spese. Se le attività previste nell’ambito dell’asse prevenzione dei piani antiviolenza fossero state pienamente attuate nel corso degli anni, durante l’emergenza non sarebbe stato necessario l’invio di una circolare ad hoc alle forze di polizia per sensibilizzarle sulla violenza domestica e favorire così l’emersione delle richieste di aiuto da parte delle donne. Oppure, se il 1522 fosse regolarmente e capillarmente pubblicizzato come previsto, le donne sarebbero informate sui servizi a cui chiedere aiuto. ActionAid, sulla base di quanto condiviso dalle operatrici dei Centri, ha formulato concrete raccomandazioni per garantire la pronta attivazione del sistema di protezione e prevenzione in caso di nuove emergenze. È necessario, infatti, assicurare il pieno funzionamento delle reti territoriali antiviolenza e stabilire delle procedure operative standard. Urgente anche istituire un fondo nazionale per le emergenze immediatamente disponibile. Infine, devono essere potenziate le attività di sensibilizzazione e comunicazione fin dall’inizio dell’emergenza, garantendo ampia diffusione delle informazioni circa l’esistenza e il funzionamento dei centri antiviolenza. Per permettere alle strutture di sostenere le spese impreviste, a marzo scorso ActionAid ha creato il fondo di pronto intervento #closed4women. Sono stati 24 i Centri in tutta Italia che in tempi rapidi hanno potuto acquistare dispositivi sanitari (mascherine, disinfettante, guanti), sanificare i locali, dare continuità ai servizi di supporto psicologico e legale, fornire aiuti alimentari, sostenere economicamente le donne che hanno dovuto interrompere percorsi di autonomia e di inserimento lavorativo a causa del Covid19. Sono state 189 le donne coinvolte, a loro volta 100 tra figlie e figli a carico hanno beneficiato di un sostegno. ActionAid rilancia il Fondo di emergenza con un nuovo finanziamento per supportare i Cav in questa seconda fase della pandemia.