La seconda ondata della pandemia rischia di dare un colpo mortale al settore. Lo ha affermato il presidente di Assoturismo, Vittorio Messina, nel testo elaborato per l’audizione alla Commissione attività produttive della Camera sulla legge di Bilancio. La stima di Assoturismo Confesercenti è che l’anno in corso si chiuderà con “una perdita di almeno il 60%, cioé almeno 95 miliardi. Oltre 100 mila imprese sono a rischio di chiusura definitiva, 350 mila lavoratori coinvolti”. Secondo Messina, “bisogna ora passare a provvedimenti di sistema” e programmare interventi a favore della filiera: occorrono delle riforme a partire da quella fiscale, tributaria e del mondo del lavoro. Assoturismo ritiene che i dl ristori e ristori bis portano alcune importanti novità per il sostegno del settore ma, avverte, “il lavoro non è finito, si tratta ancora di misure dettate dall’emergenza, dalla quale, purtroppo non siamo ancora usciti”. Nella legge di Bilancio, occorrerà “l’immissione di nuova liquidità nel comparto turistico, ma non tramite nuovo indebitamento, che porterebbe solo a far esplodere il sistema, ma attraverso sostegni a fondo perduto e investimenti sensati che consentano di traghettare le imprese e le professioni turistiche, verso la ripresa del sistema”. I contributi a fondo perduto andrebbero, per quanto possibile, mantenuti anche nel 2021. E’ inoltre necessario, per Assoturismo, semplificare i processi per la fruizione dei crediti previsti. Questi interventi – ha fatto notare l’associazione – devono essere previsti per tutte le realtà del settore turistico, non solo per alcuni anelli della filiera; è necessaria una visione complessiva del problema. Ma al di là degli interventi della fase emergenziale, va realizzato “un vero e proprio ‘Piano Straordinario’ che parta da una riforma complessiva del sistema tributario che alleggerisca il carico fiscale sulle imprese” e “va realizzato (e dotato di risorse) un Piano nazionale per il turismo”.
Confturismo: “Rischio business azzerato fino a Pasqua”
Sette italiani su 10 non prendono neanche in considerazione l’ipotesi di fare una vacanza, fosse anche solo di 2 giorni, da qui a fine gennaio. Lo rivela Confturismo, che in base all’indagine mensile condotta da Swg, spiega che la propensione a viaggiare (calcolata con interviste fatte a metà novembre) è scesa a 39 punti su scala 0-100 – il valore più basso mai registrato in 6 anni di rilevazioni – 31 punti in meno rispetto a novembre 2019. L’elemento alla base di tutto questo è la paura della pandemia, come dichiara il 66% degli intervistati. Un timore tanto radicato da influenzare tutti i mesi a venire, addirittura fino a luglio 2021, quando gli intervistati, probabilmente più per la lunga gittata della previsione che per altro, considerano seriamente la possibilità di fare una vacanza di almeno 7 giorni. “Uno scenario – spiega Confturismo, in occasione dell’audizione alla Commissione attività produttive della Camera sulla legge di Bilancio – dettato in parte dalle misure di restrizione alla circolazione delle persone attualmente in vigore e, in parte, dall’emotività, che, se venisse confermato dai fatti, vedrebbe praticamente azzerato il business del settore per le settimane bianche, Carnevale e Pasqua”. Secondo la confederazione aderente a Confcommercio, il turismo, nella sua globalità, si trova in un contesto di semi lockdown ininterrottamente da marzo di quest’anno, ed è destinato a subire tale situazione ancora per diversi mesi. Per questo motivo la richiesta che nella Legge di Bilancio deve trovare spazio una “manovra” ampia e dedicata al turismo. Quello che serve al settore è “un’iniziativa di più ampio respiro” che vada a intervenire “anche su grandi temi, come quello dell’imposta sul valore aggiunto, dove altri paesi della stessa Unione Europea si stanno dimostrando maggiormente reattivi rispetto a noi nella crisi, o quello dei canoni e degli affitti contrattati per attivita’ che si svolgono su concessioni, che non possono essere lasciati al di fuori di un processo di rideterminazione dei valori che oggi e’ in corso ad ogni livello”. Tra le richieste di Confturismo, l’estensione alle imprese del settore della possibilità di accedere agli incentivi per l’efficienza energetica e la riattivazione, con le opportune modifiche e integrazioni, del tax credit digitalizzazione.
L”annus horribilis’ degli alberghi
Il comparto ricettivo chiuderà l’anno con una perdita di 14 miliardi di euro, facendo registrare un calo del 57% rispetto al 2019. Sono le stime di Federalberghi, presentate in occasione dell’audizione alla Commissione attività produttive della Camera sulla legge di Bilancio. “L’impatto sulle imprese e sui posti di lavoro – ha sottolineato il direttore generale di Federalberghi Alessandro Massimo Nucara – risulta devastante. Dall’inizio della crisi, alberghi e ristoranti hanno utilizzato 390 milioni di ore di cassa integrazione. E a ottobre il dato è aumentato a dismisura con 51 milioni di ore rispetto ai 30,5 milioni di settembre”. “Le imprese turistico ricettive sanno già, purtroppo – ha aggiunto – che il 2021 sarà un nuovo annus horribilis”.
Per la ristorazione devastato la perdita è di 33 miliardi
Il settore delle ristorazione “è devastato, la situazione realmente drammatica: la perdita è stimata in 33 miliardi, con un crollo del 35% del fatturato, con 60 mila imprese a rischio e con oltre 300 mila posti di lavoro a rischio. Lo ha detto Roberto Calugi direttore di Fipe Confcommercio, nel corso dell’audizione alla Commissione Attività produttive della Camera sulla legge di Bilancio. “Ogni giorno – ha detto Calugi – sono a contatto con la disperazione degli operatori del settore”. La Fipe ha chiesto tra le varie cose un intervento sui canoni di locazione: “gli operatori in moltissimi casi non hanno più i soldi per pagare gli affitti: abbiamo due scelte, o riempiamo i tribunali di contenziosi, cosa che sta già avvenendo, o troviamo delle normative che, a basso costo per lo Stato, permettono di arrivare a nuovi accordi almeno fino a quando ci sarà lo stato di crisi, tra locatori e locatari. Noi proponiamo che si adottino forme di cedolare secca che favoriscano le rinegoziazione tra proprietari e gestori”. “Siamo consapevoli – ha proseguito – che il settore per lungo tempo non sarà lo stesso, che ci saranno delle conseguenze strutturali: per questo abbiamo apprezzato l’articolo 71 che prevede l’indennizzo per la cessazione di attività commerciale ma ci chiediamo se non sia necessario rimettere mano alla normativa sulla crisi d’impresa per separare la vita dell’impresa dalla vita dell’imprenditore, perché il rischio è che salteranno tante imprese e quegli imprenditori che non hanno colpa, si troveranno con una croce sulle spalle e non saranno più in grado di ridare vita a nuove imprese. Per questo – ha concluso – chiediamo un fondo per accompagnare le imprese che usciranno dal mercato”.