La Corte d’Assise di appello di Bologna ha confermato la condanna a 30 anni per Nicolino Sarcone, uomo ritenuto al vertice della ‘Ndrangheta emiliana finita al centro delle inchieste ‘Aemilia’ e giudicato in abbreviato per gli omicidi di Nicola Vasapollo e Giuseppe Ruggiero, commessi il 21 settembre e il 22 ottobre 1992, rispettivamente a Reggio Emilia e Brescello. La conferma della pena è stata chiesta dal sostituto procuratore generale Lucia Musti. Si tratta di un processo su un ‘cold case’ che a ottobre 2017 ha portato ad arresti dopo un’indagine coordinata dalla Dda. A inizio ottobre a Reggio Emilia si è concluso il processo per chi ha scelto il rito ordinario, con la condanna all’ergastolo del boss Nicolino Grande Aracri, per l’omicidio Ruggiero, e l’assoluzione di altri tre imputati. Per gli inquirenti i due delitti devono essere collocati in una guerra di mafia: da una parte le famiglie Dragone, Grande Aracri, Ciampà e Arena, dall’altra gli ‘scissionisti’ Vasapollo e Ruggiero.
Come ricordato da Musti in aula, Sarcone era uno dei killer nell’omicidio Vasapollo, mentre per Ruggiero “ha fornito il proprio contributo nella piena consapevolezza dell’agire dei suoi complici, reperendo in Calabria e portando in Emilia le tre divise militari che sarebbero state indossate durante l’azione omicidiaria”. Musti ha definito i due delitti “omicidi di mafia, commessi nella nostra regione quando ancora non esisteva una società civile sensibile al fenomeno, e si riteneva che quegli omicidi fossero di minimo interesse sociale perché ‘tanto si ammazzano tra di loro'”. E ha ricordato come “ben due sentenze in giudicato ci vengono a raccontare che Sarcone è mafioso”. Sarcone, collegato in video da Rebibbia, è difeso dagli avvocati Carmine Curatolo e Sabrina Mannarino.