“Noi abbiamo fatto quello che doveva fare un paese civile per una vicenda atroce ed inaccettabile. Non abbiamo accettato verità di comodo. Ho un solo rimpianto: perché abbiamo saputo questa notizia solo il 31 gennaio? Se avessimo saputo prima avremmo potuto agire prima”. L’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha ricostruito davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, le azioni messe in campo dal suo esecutivo nel gennaio del 2016, quando la tragica vicenda del ricercatore ucciso al Cairo emerse. Sulla data del 31 gennaio però è intervenuta la Farnesina con una nota in cui precisa che “le Istituzioni governative italiane e i nostri servizi di sicurezza furono informati sin dalle prime ore successive alla scomparsa di Giulio il 25 gennaio 2016” e ricorda che “che tutti i passi svolti con le più alte Autorità egiziane sono stati ampiamente documentati e resi noti alle Istituzioni competenti a Roma dall’Ambasciatore Massari nelle sue funzioni di Ambasciatore d’Italia al Cairo”. Nel corso dell’audizione Renzi ha affermato che “i vertici del Governo, appena sono stati a conoscenza della vicenda che rischiava di diventare drammatica e seria, si sono messi in moto” mettendo in campo “tutti gli strumenti, lavorando a livello istituzionale come una squadra: abbiamo voluto subito una cooperazione giudiziaria che non era scontata”. L’ex capo del governo è poi tornato sulla decisione di richiamare in Italia l’ambasciatore di stanza al Cairo. “Ho scelto di ritirare l’ambasciatore perché avemmo sensazione che il presidente Al Sisi non avesse colto fino in fondo la nostra risolutezza nel chiedere verità. Fu gesto estremo per dire: noi facciamo sul serio. E’ un gesto che si fa una volta e deve produrre conseguenze. Incontrai Al Sisi nel settembre 2016 al G20, a margine di una cena. Ho avvertito il dovere di dirgli tuto il mio dolore per quello che era avvenuto, le mie scelte e le mie richieste”. Sul punto Renzi ha spiegato che nella situazione odierna, in cui la Procura di Roma sta per chiudere le indagini a carico di cinque appartenenti agli apparati egiziani accusati di essere gli autori materiali del sequestro di Regeni, sarebbe utile “nominare un inviato speciale in modo da sollecitare il regime del presidente Al Sisi a consentire di processare i responsabili individuati dai pm capitolini che hanno fatto in questi anni un lavoro straordinario”.