martedì, Novembre 26, 2024

Ambiente, la strage degli elefanti per l’avorio inizio del XVI secolo

Circa 500 anni fa diversi branchi di elefanti erano in pericolo di estinzione, tanto che oggi molti esemplari sono andati perduti. A evidenziarlo uno studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, condotto dagli esperti dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign e dell’Università di Oxford, che hanno eseguito un esame forense del Dna conservato nelle 100 zanne di elefante rinvenute a seguito di un naufragio avvenuto 487 anni fa. “Il commercio di avorio ha portato a un rapido declino delle popolazioni di elefanti – spiega Ashley Coutu dell’Università di Oxford – nella nave naufragata abbiamo trovato prove genetiche di 17 distinte mandrie di animali”. Il team ha confrontato i resti degli animali con gli archivi degli esemplari disponibili, scoprendo che solo quattro delle mandrie presenti sulla nave mercantile portoghese, nota come Bom Jesus, sono oggi presenti in Africa. “Il relitto era scomparso nel 1533 ed è stato trovato nel 2008 – riporta la ricercatrice – e rappresenta il più antico relitto conosciuto nell’Africa meridionale. Nella stiva, oltre ai preziosi reperti d’avorio, erano conservati diversi carichi preziosi, lingotti di rame, monete d’oro e d’argento, effetti personalizzati e attrezzature di navigazione, ma anche piatti, posate e scatole. Gli archeologi sottolineano che la scoperta è davvero incredibile visto lo stato di ottima conservazione, che ha consentito alle squadre di ricerca internazionali di analizzare i frammenti di Dna mitocondriale con precisione e accuratezza. “Gli elefanti vivono in gruppi familiari guidati dagli esemplari femminili – sostiene Alida de Flamingh dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, che ha guidato lo studio – e tendono a restare per tutta la vita nella stessa area geografica. Siamo stati in grado di ricostruire genomi mitocondriali completi da questi campioni molto vecchi, e abbiamo scoperto che provenivano da 17 distinti branchi di elefanti, la maggior parte dei quali oggi non esiste più”. “L’enormità di questa perdita è stata davvero scioccante – commenta Coutu – la nostra scoperta ha delle implicazioni significative per la conservazione di questi animali, speriamo che il nostro lavoro possa aiutare a informare oggi gli sforzi anti-bracconaggio”. Gli autori sottolineano che dalle zanne è possibile ricostruire la vita e le informazioni principali dell’elefante, come avviene con le ossa umane. “Quando avvengono confische di avorio illegale – conclude De Flamingh – l’analisi del Dna consente di dedurre il luogo di decesso dell’animale, e sapendo da dove proviene l’avorio, è possibile fare strategie mirate contro il bracconaggio per quelle località. Saremo in grado di utilizzare questi dati storici per rispondere alle moderne domande sulla conservazione degli elefanti”.
Redazione
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