Decidere di somministrare un vaccino diverso da AstraZeneca a chi attende la seconda dose anti Covid dopo avere fatto la prima dose del siero anglo svedese, “dal punto di vista tecnico è una prospettiva abbastanza orripilante e non ha senso. Chi non vuole fare la seconda dose del vaccino si tenga la sola prima dose e faccia l’esame anticorpale per vedere se c’è una risposta. Certo non è possibile fare dell’assurdo bricolage con i vaccini”. Interviene così sul tema Massimo Galli, primario infettivologo all’ospedale Sacco di Milano e docente all’università Statale del capoluogo lombardo, in un’intervista a ‘Il Mattino’. “Sostituire la seconda dose con qualche cosa di altro disponibile sul mercato è certamente peggio che fare una dose sola”, sostiene l’esperto. “AstraZeneca – ricorda – è stato progettato per una sola dose poi, con una decisione che stanno ancora pagando, hanno cambiato idea decidendo per le due dosi. C’è un loro lavoro su ‘Lancet’ che testimonia come la protezione con AstraZeneca sia più che efficace già dopo il conferimento di un’unica dose. Di certo c’è da dire che, se sulla prima dose non c’è certezza di una correlazione con gli eventi avversi di cui si è avuta notizia nelle scorse settimane, per la seconda dose, ad oggi, non c’è notizia di alcuna reazione negativa”. Il siero anglo-svedese è un prodotto sicuro ed efficace, conferma Galli. “Dico solo – esemplifica – che il tasso di decessi è inferiore a quello che abbiamo quando facciamo una Tac o un esame radiologico con il liquido di contrasto, dove il rischio di morte è già bassissimo”. Ma dopo la prima dose è possibile che non si siano sviluppati anticorpi? “Ci sono pazienti non responsivi e solo per questi ultimi si potrebbe valutare di vaccinarli con un altro vaccino. Ma è un’ipotesi ben diversa dal cambiare vaccino in corso d’opera”, precisa lo specialista, e comunque “da svolgersi sotto controllo medico. Bisogna anche dire che l’assenza di anticorpi evocati dalla prima dose non significa in assoluto che non sia stata innescata un altro tipo di protezione che dipende dall’immunità cellulare: i l corpo potrebbe avere una risposta difensiva indotta anche se non ha un numero significativo di anticorpi. Ma sono tutte dinamiche su cui non c’è certezza”. Invece, “per chi ha già avuto il Covid e ha già fatto una dose, quella basta e avanza. Per queste persone aveva poco senso ricevere la prima dose di vaccino – ribadisce l’infettivologo – e non ha alcun senso ricevere la seconda. Chi ha avuto i sintomi del Covid spesso ha avuto anche una risposta anticorpale più gagliarda. Chi è stato asintomatico spesso ha una risposta anticorpale cosiddetta conservata, meno gagliarda, però è anche una persona che avuto la capacità di battere il virus senza tanti problemi. Quindi in fin dei conti, ma è una mia posizione controcorrente, anche per chi è stato asintomatico ha poco senso la vaccinazione”. Tornando al vaccino di AstraZeneca, perché sono state cambiate molte volta le indicazioni sulle categoria alle quali darlo? “Prima non c’erano abbastanza dati sugli anziani, che sono poi stati forniti dagli studi – ricorda Galli – Successivamente ci si è accorti di queste trombosi del seno cavernoso accompagnate da piastrinopenia, che hanno colpito soprattutto donne con un’età inferiore ai sessant’anni e sulle quali non sappiamo ancora se si tratti con certezza di caso o di causa: su questa base, che trovo assai aleatoria, alcuni governi hanno deciso di non somministrare il vaccino”. Servirà una terza dose? “Non parlerei di terza dose – puntualizza l’esperto – ma direi che per i vaccini potrebbe essere necessario un aggiornamento alle caratteristiche dei virus circolanti. Magari non subito, ma in un futuro probabilmente sì. Esattamente come ogni anno accade con l’influenza. Per il momento però l’obiettivo è vaccinare più persone possibile, con lo scopo di mettere insicurezza gli anziani e i deboli. In questo modo riusciremo a non avere più le rianimazioni e gli ospedali pieni e i cimiteri che non sanno più dove mettere i morti”. In Cina ipotizzano di creare mix di vaccini, ma per Galli “prima di sperimentare un mix di vaccini bisogna avere degli studi e gli dati”. Infine il vaccino russo: “Lo Sputnik è un buon vaccino – ritiene il medico – Ma ho l’impressione che la Russia non abbia i mezzi per produrre tutti i vaccini di cui avrebbe bisogno. In questo senso credo che, in termini di collaborazione della Russia con i Paesi occidentali, in questo senso potrebbe avere una forte utilità. Sulla base di un paio di studi comparsi su Lancet, sembra un vaccino molto promettente. Certo poi bisogna vedere i risultati sui grandi numeri”.