Cerveteri, si sa, è un paese particolare. Tra le altre cose non riesce a onorare degnamente la memoria di chi gli ha dato lustro. Siamo capaci di intitolare un percorso probabilmente inventato ad uno scrittore famoso, David Herbert Lawrence, che ha letteralmente massacrato Cerveteri nei suoi scritti, e non riusciamo ancora ad intitolare una strada importante a Raniero Mengarelli, a cui dobbiamo praticamente tutto quello di cui ci vantiamo nel mondo. Oggi, vorrei ricordare un altro personaggio cerveterano che sta scivolando piano piano nell’oblio, e che meriterebbe ben altri onori e riconoscimenti: Benedetto Zapicchi. Non aveva una laurea, ma era un vero archeologo. Era nipote, figlio e fratello di storici e importanti assistenti di scavo della Soprintendenza e, soprattutto, aveva partecipato a scavi archeologici di mezzo mondo. Nessuno, come lui, conosceva la storia delle aree archeologiche di Cerveteri, di quello che è stato trovato, e di quello che si trova nel nostro museo. Con lui se ne è andata una memoria importante e insostituibile. Ci ha lasciato da poco più di tre anni, ma il suo ricordo, e l’affetto di tutti quelli che lo hanno conosciuto è rimasto immutato. Ancora oggi, basta solo nominarlo, e tra i presenti inizia una gara sul ricordo più bello. E si palesano rimpianti per tutto quello che abbiamo perso con il suo non essere più tra di noi. Per ricordarlo, e per ringraziarlo come posso dell’onore di essere stato un suo amico, vorrei riproporre un’intervista che gli feci all’inizio del 2017. Un’intervista ancora attuale per i suoi contenuti inediti, e per le precise critiche lanciate, pur con il suo stile bonario e mite, da Benedetto Zapicchi. Un articolo che vale la pena rileggere. Utile a comprendere che i mali di Cerveteri, quelli che l’hanno condannata alla marginalità nel panorama turistico italiano, sono stati alimentati, in anni che potevano essere determinanti per il futuro di Cerveteri, anche dalle scelte della Soprintendenza. Lo scempio che ancora affligge il nostro territorio ha solide origini anche in quegli anni. Anche se adesso abbiamo la speranza di un futuro migliore grazie all’istituzione del Parco Archeologico, e al lavoro del suo direttore Vincenzo Bellelli. Buona lettura.
“Giovanni, tu conosci il Sarcofago dei Leoni?”
Quello che sta nel Museo di Villa Giulia?
“Si. Ma tu lo sapevi che quel sarcofago avrebbe dovuto essere esposto nel nostro museo a Cerveteri?”.
No. Raccontami…
“Nel 1953, a Procoio, in una tomba già violata trovai un sarcofago di donna. Molto bello, con il suo coperchio con 4 leoncini sopra, e soprattutto molto antico. Molto più antico del Sarcofago degli Sposi. È il più antico sarcofago etrusco che abbiamo trovato. Adesso è esposto nel Museo di Villa Giulia”
Ma non poteva essere esposto nel nostro museo?
“Io feci di tutto per ottenere questo. In quell’occasione mi hanno dato 47.000 lire perché gli avevo fatto tutta la documentazione dello scavo. Non c’era solo il sarcofago nella tomba, ma anche tanti altri vasi. Ma non ho preso neanche una lira di premio per il ritrovamento perché io avevo chiesto in cambio, al Soprintendente Gioacchino Mancini e all’Ispettore Mario Moretti, che, appena ci fosse stato un museo a Cerveteri, il sarcofago avrebbe dovuto essere esposto nella nostra città. Tutto questo naturalmente siglato solo con una stretta di mano. Nulla di scritto. Invece non l’hanno mai fatto.”
Tu come giudichi il Museo Etrusco di Cerveteri? Non lo consideri non commisurato all’importanza della nostra area archeologica?
“Assolutamente inadeguato. Cerveteri non può avere quel museo. Se Cerveteri fosse rappresentato solo da quello esposto non dovrebbe nemmeno esistere come sito Unesco. Non sarebbe neanche un posto da visitare. Un semplice camposanto antico… Io ho scritto una poesia “Visita al museo d’Arte Cerite” per rappresentare questa situazione, e dire che c’è poco. C’è qualche pezzo buono, naturalmente. Ma sono pochi.”
Secondo te nel museo sono esposti anche dei falsi?
“Si. Ma questo lo dissi già a tempo debito. Mi ricordo di una vetrina con dei vasi inaugurata dalla Soprintendente Pelagatti. C’era mezza Cerveteri all’evento. Io sorridendo gli chiesi se c’era un giornale di scavo dove veniva descritto il ritrovamento di quei vasi. Lei mi rispose che era tutto regolare. Io insistei dicendo che quella non era roba scavata, ma acquistata dai clandestini. “E come fai a dirlo?”, mi rispose. Semplice, dissi, perché gli Etruschi non mettevano dentro le loro tombe dei vasi falsi. Questo tra le risate di Salvatore Copponi e del Sindaco Nino Marini”
Sono ancora lì?
“Si. In quella vetrina ci sono anche dei vasi falsi”
Ci sono altri falsi nel museo?
“Per me sì. C’è una disputa enorme sulla Lastra del Guerriero. Per me è falsa. Quando la portarono al museo, dissi al professor Colonna: “A Giovà, questa non è buona””.
E lui che ha detto?
“Nulla. L’ha fatta togliere e messa nei magazzini. Lui si fidava di me. L’ha di nuovo esposta la Soprintendente Anna Maria Moretti. Questo perché l’avevano pagata, e dovevano esporla…”
Ma come fai a dire che è falsa. Sono state fatte delle analisi che ne attestano l’autenticità
“Perché io l’ho vista quando l’hanno dipinta. Quello è un San Michele Arcangelo ripreso da un santino. Il falsario ha preso quello come modello. Io l’ho sempre detto. Ma non mi hanno mai creduto, a parte il professor Colonna. Ci sono molti a Cerveteri che conoscono questa verità. Non può esistere un guerriero etrusco asessuato, come quello rappresentato nella lastra. Asessuati sono gli Angeli.”
Secondo te perché hanno voluto privilegiare Villa Giulia rispetto a Cerveteri? Perché le cose che avevano portato a Roma non le hanno poi riportate nel nostro Museo dopo il 1967?
“Veramente hanno portato dei vasi di Cerveteri anche nel museo di Tarquinia. Bisogna dire che nel passato Cerveteri è stata saccheggiata dalla Soprintendenza. Il Soprintendente Mario Moretti era soprattutto impegnato a sistemare bene il museo di Tarquinia, che era stato bombardato durante la guerra.”
È lo stesso Moretti che ha chiuso un occhio sullo scempio del quartiere del Sorbo costruito sulla necropoli
“Moretti ha contato poco in questa vicenda. Quando portavo mio padre al cantiere del Sorbo, mi dicevano che loro avevano degli ordini che provenivano da molto più in alto. Moretti fu anche avversato molto dai Cerveterani. Dissero di lui peste e fulmini. Affissero addirittura dei manifesti contro di lui.”
Perché?
“Perché Cerveteri era dimenticata. Quelli della Soprintendenza capitavano a Cerveteri quando passavano per andare a Tarquinia.”
Quindi nessuno era “contro” Cerveteri. Proprio non se la filavano per niente…
“No. Non se lo filavano proprio. E poi, purtroppo, se ci fossero state persone capaci a Cerveteri, avrebbero cercato di portarle via. A me portarono a Villa Giulia, e la Fondazione Lerici a Tarquinia. Bisogna poi anche dire che Cerveteri è troppo difficile da studiare e da capire.”
Ma non era anche un po’ colpa nostra che non mai abbiamo cercato, per esempio, di avere un Museo degno di questo nome?
“In parte sì. Cerveteri ha sempre snobbato la Soprintendenza, dimenticandosi che erano loro che avevano il coltello dalla parte del manico”.
Mi dicevi che ci sono opere provenienti da Cerveteri, esposte nel Museo di Tarquinia. Com’è possibile?
“Quando Palazzo Vitelleschi fu destinato a diventare il Museo Etrusco, vi si raccolsero anche i materiali delle collezioni private di due ricche famiglie di Corneto: Bruschi e Falgari. Queste avevano acquistato dei reperti anche dai Fratelli Boccanera, che avevano scavato nella zona della Tomba della Tegola dipinta, a Cerveteri. I Boccanera trovarono anche il Sarcofago degli Sposi, che fu venduto dai Principi Ruspoli a Felice Bernabei, il fondatore del Museo Etrusco di Villa Giulia.”
Questi reperti sono ancora esposti nel museo di Tarquinia?
“Naturalmente sì”
(di Giovanni Zucconi – Tratto da Baraondanews.it)