Il padre di Luca: “Erano in una Smart quando hanno ucciso mio figlio”
“Per un genitore è sempre un’agonia essere qui. E’ una sofferenza”, ha detto Alfonso Sacchi dopo l’udienza: ” Qui si parla di cavilli e non posso non pensare che quando hanno ucciso mio figlio quei due erano in una Smart che è molto più piccola di un camionetta per il trasporto detenuti – aggiunge – ora soffrono di claustrofobia, ma perché all’epoca viaggiavano in una Smart in due?”. “Io soffro di attacchi di panico – dice Tina Galati, madre della vittima – da quando è morto mio figlio soffro di tachicardia e non sento più da un orecchio, eppure sono qui perché sono la mamma. Ma non si può allungare sempre questa tortura, non ce la faccio più. Voglio che finisca questo processo per poter stare sola con il mio dolore”. Luca Sacchi venne ucciso con un colpo di pistola sparato alla testa, il 23 ottobre del 2019, nei pressi di un pub nel quartiere Appio Latino di Roma. Oltre a Del Grosso, reo confesso dell’omicidio, e Pirino, che lo accompagnava, in primo grado sono stati condannati anche Marcello De Propris, a 25 anni, per aver fornito loro la pistola, e la fidanzata della vittima, Anastasiya Kylemnyk, a 3 anni per violazione della legge sugli stupefacenti.