C’è una direttiva pubblicata sul Giornale delle Brigate Rosse Lotta Armata per il Comunismo tra gli elementi che hanno portato la procura di Torino a indagare l’ex capo delle Br, Renato Curcio, per il concorso nell’omicidio del carabiniere Giovanni D’Alfonso, morto nel conflitto a fuoco del 5 giugno 1975 alla cascina Spiotta di Arzello, dove, durante un blitz che portò alla liberazione dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gangia, rapito dalle Brigate rosse, morì anche la moglie di Curcio, Mara Cagol. Curcio, si legge nell’invito a comparire recapitato all’ex terrorista (poi sentito in procura il 20 febbraio scorso), “quale esponente apicale dell’associazione terroristica denominata Brigate Rosse, in concorso con altri appartenenti alla medesima organizzazione fra cui Cagol Mara (deceduta), Maraschi Massimo (già condannato per il medesimo fatto) ed altri, cagionava la morte di D’Alfonso Giovanni, appuntato dei Carabinieri intervenuto presso la cascina Spiotta in Arzello di Melazzo, nell’ambito delle ricerche attivate a seguito del sequestro di persona attuato dalle Brigate Rosse nei confronti di Vallarino Vittorio Gancia”. In particolare, a quanto si legge nell’atto, a Curcio viene contestato di “avere deciso ed ordinato un sequestro di persona” a scopo di autofinanziamento; di “avere individuato, quale vittima, il predetto Gancia, poi descritto come ‘finanziatore e patrocinatore delle squadracce fasciste dell’astigiano’ nel giornale del Br più avanti indicato; di “aver definito le modalità di gestione del sequestro” e “individuato i soggetti che dovevano partecipare all’azione” e “che dovevano recapitare la richiesta di riscatto”, e di aver “individuato il luogo ove custodire l’ostaggio e chi doveva provvedere alla sua sorveglianza”. Inoltre, si contesta all’ex capo delle Br di “avere dato ai partecipanti all’azione la seguente direttiva: ‘Se avvistate il nemico vi sganciate prima del suo arrivo, se venite colti di sorpresa ingaggiate un conflitto per rompere l’accerchiamento’ (cfr. Giornale delle Brigate Rosse Lotta Armata per il Comunismo rinvenuto in possesso dell’appartenente alle Brigate Rosse Miagostovich Giovanni Battista all’atto del suo arresto avvenuto in Milano il 20 ottobre 1975”. Secondo la procura, infatti, è “in esecuzione della direttiva ricevuta e sopra indicata” che “al sopraggiungere della pattuglia dei Carabinieri composta da Ten. Rocca Umberto, M.llo Cattafi Rosario, app. D’Alfonso Giovanni ed app. Barberis Pietro, la predetta Cagol, Mara e un altro soggetto, a guardia dell’ostaggio, ingaggiavano un conflitto a fuoco contro i Carabinieri, lanciando alcune bombe a mano ed esplodendo numerosi colpi di armi da fuoco”.