“Dark Side of the Moon era un’istanza di empatia politica, filosofica e umanitaria che chiedeva disperatamente di venir fuori” (Roger Waters)
di Alessandro Ceccarelli
Sono passati cinquant’anni dalla pubblicazione di “The Dark side of the moon” dei Pink Floyd e la magia sonora del gruppo inglese è rimasta intatta, inossidabile: cinque decenni non hanno intaccato minimamente il capolavoro musicale di una band che ha fatto la storia del rock mondiale. Il lato oscuro della luna, questo il titolo tradotto in italiano dell’album di Waters e compagni, detiene ancora una serie di record: ha superato le mille settimane di permanenza nella Us Top Catalog e ha venduto nel mondo la straordinaria cifra di oltre 50 milioni di copie. Nella classifica dei dischi più venduti di tutti i tempi si piazza al secondo posto dopo “Thriller di Michael Jackson. Per comprendere un tale successo planetario occorre immergersi in quel “viaggio sonoro” che ha visto impegnati nelle registrazioni i quattro ragazzi londinesi per ben otto mesi. Lavorazioni molto complesse, caratterizzate dalla volontà di raggiungere la perfezione del suono mai raggiunta prima nella musica rock, grazie soprattutto alla presenza di Alan Parsons, il genio inglese degli studi Abbey Road, gli stessi dove incidevano anche i Beatles. In “The Dark side of the moon”, i Pink Floyd impiegarono degli strumenti tecnici mai usati prima, come i registratori multitraccia e i loop, moltissime sovraincisioni di effetti che ancora oggi stupiscono l’ascoltatore. Inoltre i quattro giovani musicisti cambiarono le loro strumentazioni. Soprattutto il tastierista Richard Wright fece largo uso per la prima volta di sintetizzatori analogici Ems e Vcs3. Impiegò anche vari tipi di pianoforti elettrici Fender Rhodes e Wurlitzer. Quando venne pubblicato, il successo fu immediato in tutto il mondo. Scalò le vette delle classifiche negli Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Italia, Francia, Nuova Zelanda, Germania, Norvegia, Austria, Grecia, Portogallo e Finlandia. Solo nel mercato Usa si calcola abbia venduto quasi 25 milioni di copie. Dal punto di vista musicale e compositivo il disco fu una vera e propria svolta. Si chiuse definitivamente il periodo psichedelico e sperimentale che aveva dato la luce a capolavori come “The Piper at the gates of down”, “A saucerful of secrets”, “Ummagumma”, “Atom” e “Meddle”. In “The Dark side of the moon” i Pink Floyd prediligono la forma canzone rispetto ai lunghi brani del passato: l’intento dei quattro è quello di ampliare il numero dei fans con una musica più semplice, diretta e accattivante. Sono invece molto curati i testi scritti da Roger Waters che abbracciano tematiche profonde e complesse come l’alienazione, la solitudine, il passare inesorabile del tempo, la pazzia, il denaro e i lati negativi del successo. E il risultato raggiunto rasenta la perfezione: nessun disco dei Pink Floyd avrà più lo stesso successo, solo “The Wall” nel 1979 si avvicinerà all’enorme consenso di critica e di pubblico. L’improvvisa e inaspettata ricchezza dei quattro membri del gruppo – Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright – causò notevoli tensioni e minò gli equilibri interni. Roger Waters pian piano divenne sempre più autoritario nella leadership compositiva a discapito soprattutto del tastierista Rick Wright. Inoltre la casa discografica del gruppo (la Emi) fece da subito enormi pressioni per pubblicare un nuovo album, dopo l’incredibile successo di “Dark side”. I quattro musicisti invece cercarono di avere più tempo a disposizione per quello che fu poi “Wish you were here”, l’album pubblicato nel settembre del 1975 che a tutti i costi doveva bissare i record di Dark side. Ma questa è un’altra storia.