La situazione della siccità nel distretto del Po non migliora. I dati più aggiornati risultano anzi anche peggiori se comparati a quelli registrati nello stesso periodo di un anno fa, già considerato “particolarmente critico”. Lo riferisce l’Autorità distrettuale del fiume, che nell’ultimo bollettino evidenzia come lo stato di siccità persista nel bacino del Po e come gli indicatori emersi “non mostrino un generale contesto migliore rispetto a quanto emerso solo trenta giorni fa”. Al rilevamento finale di Pontelagoscuro la portata del fiume è scesa a toccare mc/s 338,38, cioè oltre 100 metri cubi al secondo in meno del minimo storico di aprile e ben al di sotto dei 450 dei metri cubi al secondo, considerati il limite sotto cui il fiume è inerme di fronte alla risalita del cuneo salino. Ad attestarlo è il settimanale report dell’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche, che rende noto come il bollettino del Consiglio Nazionale Ricerche di marzo certifichi che il 35,3% delle aree agricole irrigue, negli scorsi 24 mesi, ha sofferto di siccità severa-estrema; inoltre, in Piemonte, Lombardia, Trentino ed Emilia, la combinazione “anomalia termica-deficit pluviometrico” ha raggiunto il livello massimo. Non solo: nel siccitoso 2022 questi dati vennero registrati il 4 giugno, vale a dire che il più importante corso d’acqua italiano vive una condizione di crisi idrica estrema, da monte a valle, con ben 40 giorni di anticipo sul drammatico anno scorso. L’ingressione salina sta già condizionando un’altra stagione agricola nel delta polesano, i cui bracci sono colmi di acqua marina, inquinando falde e terreni. Altro dato indicativo di un’emergenza, che sta salendo, è quello delle riserve idriche della Lombardia: manca il 58,4% di risorsa rispetto alla media storica ed il 12,55% sul 2022. Cresce anche il deficit di neve, che si attesta a – 68,8% rispetto alla media, cioè quasi il 10% sotto il minimo storico ed il 20% in meno rispetto al già deficitario 2022. Stabile sui valori dello scorso anno è la portata del fiume Adda, inferiore però di oltre 30 metri cubi al secondo rispetto al 2017; calano Serio, Oglio e Mincio. Tra i grandi laghi, maggiormente in crisi è sempre quello di Garda, penalizzato dall’abnorme differenziale tra afflussi quasi azzerati e deflussi (circa 38 metri cubi al secondo) necessari per l’equilibrio dei territori a valle; rispetto all’anno scorso, al livello del più grande lago italiano manca oltre mezzo metro d’acqua. Tra gli altri bacini, Maggiore e Lario sono in calo, mentre il Sebino cresce leggermente. “Oggi – ha sottolineato Alessandro Bratti, segretario generale dell’Autorità distrettuale del fiume Po – la previsione dei modelli e tutti i dati acquisiti ci consegnano una situazione che preoccupa e che va vista non come emergenza, ma affrontata con una strategia convinta ed incisiva che guardi ad un orizzonte di medio-lungo periodo come strategia di adattamento al cambiamento climatico più a largo spettro”.