domenica, Dicembre 29, 2024

Pena di morte, l’allarme di Amnesty: Mai così tante esecuzioni dal 2017

Nel 2022 si sono registrate in tutto il mondo 883 esecuzioni, il numero più alto dal 2017.  E’ quanto rende noto Amnesty International, nel suo consueto rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo, che registra appunto almeno 883 esecuzioni in 20 Stati, con un aumento del 53 per cento rispetto al 2021. Il notevole incremento, che non tiene conto delle migliaia di condanne a morte presumibilmente eseguite in Cina, dipende dagli Stati dell’area Medio Oriente – Africa del Nord, il cui totale è salito da 520 nel 2021 a 825 nel 2022. “Aumentando il numero delle esecuzioni, gli stati dell’area Medio Oriente – Africa del Nord hanno violato il diritto internazionale e mostrato un profondo disprezzo per la vita umana. Il numero delle persone private della loro vita è  enormemente cresciuto: l’Arabia Saudita ha incredibilmente messo a morte 81 prigionieri in un solo giorno. Nella seconda  parte dell’anno, nel disperato tentativo di stroncare le proteste popolari, l’Iran ha messo a morte persone che avevano solo esercitato il loro diritto di protesta”, dichiara Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty  International. Uno dei dati preoccupanti è che il 90 per cento delle esecuzioni registrate, dunque esclusa la Cina, ha avuto luogo in soli tre Paesi dell’area Medio Oriente – Africa del Nord: in Iran sono salite da 314 nel 2021 a 576 nel 2022; in Arabia Saudita sono triplicate, da 65 nel 2021 a 196 nel 2022, il più alto numero registrato da Amnesty International in 30 anni; e in Egitto, dove sono stati messi a morte 24 detenuti. L’uso della pena di morte – prosegue Amnesty – è rimasto circondato dal segreto in diversi Stati – come Cina, Corea del Nord e Vietnam – comunque noti per l’ampio uso della pena capitale: il numero reale delle esecuzioni è dunque assai più alto di quanto emerga. Sebbene non sia chiaro quante volte sia stata applicata la pena di morte in Cina, è evidente che questo Paese rimane in testa alla lista delle esecuzioni, seguita da Iran, Arabia Saudita, Egitto e Stati Uniti d’America. Il rapporto evidenzia poi che nel 2022 sono riprese le esecuzioni in cinque stati: Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore. 
Negli Stati Uniti il numero dell’esecuzioni è aumentato, rispetto al 2021, da 11 a 18. 
Inoltre, il numero delle persone messe a morte per reati di droga è più che raddoppiato rispetto al 2021. Le esecuzioni per reati di droga violano – ricorda Amnesty – il diritto internazionale dei diritti umani, secondo il quale le esecuzioni dovrebbero limitarsi ai ”reati più gravi”, come l’omicidio intenzionale. Esecuzioni per reati di droga sono state registrate in Cina – sebbene non se ne conosca il numero, Arabia Saudita (57), Iran (255) e Singapore (11) e hanno costituito il 37 per cento del totale delle esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2022. È probabile che esecuzioni del genere siano avvenute anche in Vietnam, dove però i dati sulla pena di morte rimangono un segreto di Stato. “In un crudele mutamento di scenario, quasi il 40 per cento delle esecuzioni registrate ha riguardato reati di droga. È importante sottolineare che queste esecuzioni colpiscono in modo sproporzionato persone svantaggiate”, commenta Callamard.  “È giunto il momento che i governi e le Nazioni Unite aumentino le pressioni nei confronti di chi si rende responsabile di queste clamorose violazioni dei diritti umani e assicurino la messa in essere di garanzie internazionali”, sottolinea ancora Callamard.  Mentre le esecuzioni sono aumentate, il numero delle condanne a morte inflitte nel 2022 è rimasto sostanzialmente invariato: 2016 rispetto alle 2052 dell’anno precedente. Un segnale di speranza arriva dai sei Stati che, nel 2022, hanno abolito in tutto o in parte la pena di morte.  Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone hanno abolito la pena di morte per tutti reati, Guinea Equatoriale e Zimbabwe per i reati comuni. Alla fine del 2022, 112 stati avevano abolito la pena di morte per tutti i reati e altri nove stati l’avevano abolita per i reati comuni. Questa tendenza positiva prosegue nel 2023, registra ancora Amnesty, sottolineando che in Liberia e Ghana sono state avviate iniziative di legge abolizioniste; i governi delle isole Maldive e dello Sri Lanka hanno annunciato che non verrà dato seguito alle condanne a morte; nel parlamento della Malesia sono in discussione proposte di legge per annullare l’obbligatorietà della pena capitale.  ”Molti Stati continuano a consegnare la pena di morte alla discarica della storia ed è tempo che altri seguano l’esempio – afferma Callamard: “Gli atti di brutalità in Iran, Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord e Vietnam appartengono ormai a una minoranza di Stati. Ma sono proprio questi che devono mettersi al passo coi tempi, proteggere i diritti umani e assicurare giustizia invece di mettere a morte persone“. ”Di fronte a 125 Stati membri delle Nazioni Unite, un numero mai così elevato, in favore di una moratoria sulle esecuzioni, non ci siamo mai sentiti così fiduciosi che quell’orrenda punizione possa essere e sarà consegnata agli annali della storia. Ma i tragici dati nel 2022 ci ricordano di non rimanere indifferenti e inoperosi. La nostra campagna continuerà fino a quando la pena di morte non sarà abolita a livello globale”.

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