Un quartiere affascinante che sembra uscito da una favola, con torri gotiche che convivono con edicole sacre, mosaici e archi romani, uno stravagante mix di stili che si fondono perfettamente: greco antico, barocco, liberty, manierista, medievale, Art Nouveau. Realizzato tra il 1915 e il 1927 dall’eclettico architetto e scultore fiorentino Gino Coppedè da cui prende nome, il quartiere è un insieme di 26 palazzine e 17 villini, tra la via Salaria e la via Nomentana, che stupiscono e incuriosiscono i passanti. L’ingresso è in via Doria, a due passi da via Tagliamento, bastano pochi metri per immergersi in un’atmosfera fantasy dove poter ammirare un’architettura assolutamente visionaria e sperimentale che ha come punto di riferimento Antoni Gaudì. Un grande arco monumentale, riccamente decorato da mascheroni, efebi e affreschi con cavalieri medioevali, congiunge i due Palazzi degli Ambasciatori, con al centro un elegante lampadario in ferro battuto. Sull’arco è rappresentata una coppa che richiama quella del Santo Graal, mentre la luce del lampadario rappresenterebbe simbolicamente l’avvio di un viaggio iniziatico. L’insieme degli edifici si sviluppa intorno a piazza Mincio dove sono in corso lavori di riqualificazione con la posa di nuovi sanpietrini (il primo step di un più ampio progetto di restyling del quartiere). Qui si trova la Fontana delle Rane, realizzata nel 1924 e restaurata nel 2020, ispirata a quella delle Tartarughe di Gian Lorenzo Bernini, in piazza Mattei nel ghetto. Sotto la vasca superiore, infatti, si trovano elaborate conchiglie realizzate nello stesso stile, ma al posto di delfini stilizzati ci sono 8 rane. La fontana è nota anche grazie ai Beatles che, nel 1965, ci si buttarono dentro, vestiti, dopo una serata al Piper Club. Oltrepassando l’arco, a costeggiare l’ingresso ci sono i Palazzi degli Ambasciatori, caratterizzati da torri decorate con bassorilievi, mosaici e ritratti di antiche divinità che fondono presente e passato, dalla grande Nike alata, posta in cima alla torretta di sinistra alle “madonnelle” che sembrano dare il benvenuto ai visitatori, sulla torretta di destra. Tra gli edifici più iconici c’è il Palazzo del Ragno, apparentemente ispirato al design assiro-babilonese, che presenta anche gargoyle con teste di animali che guardano minacciosamente i visitatori. Costruito da Gino Coppedè nel 1920, il palazzo ha una torretta e quattro piani (al terzo c’è un dipinto con un cavallo sormontato da un’incudine tra due grifoni e una scritta in latino “labor”). Passeggiando per il quartiere non può mancare una lunga sosta davanti al Villino delle Fate composto da tre edifici indipendenti che hanno muri in comune, con pregevoli decorazioni, torrette, cortili, balconcini e piccole logge. Realizzati con la fusione di diversi materiali (marmo, laterizio, travertino, legno, terracotta, vetro), i villini si distinguono per le facciate esterne riccamente decorate (gli ingressi sono in via Aterno, via Brenta e piazza Mincio). Osservandoli da vicino si possono scorgere numerose figure di umani e animali, dipinte sui muri, tra cui si possono distinguere una donna in toga, una con il peplo e una vestita in abiti d’epoca, ma ci sono anche uomini con armature e spade, circondati da animali come api, biscioni e leoni alati. Il pavimento dell’ingresso è un mosaico rotondo con la scritta “I villini delle fate: Neme, Melete, Aede”, in cui sono rappresentate tre fanciulle in abiti romani antichi: due suonano, una canta. Ogni villino, attraverso simboli e personaggi, è una dedica e un omaggio a tre città italiane: Roma, Firenze e Venezia. Nelle facciate si riconoscono infatti Dante e Petrarca ritratti accanto alla cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze; la Lupa, simbolo di Roma, dipinta insieme a Romolo e Remo su un balconcino e vicino il Leone di San Marco, che fronteggia un veliero, entrambi emblemi della città di Venezia. Tra gli altri edifici caratteristici, il villino del Gallo che prende il nome da una decorazione posta sulla parte frontale dell’edificio, la sede dell’Ambasciata del Marocco con le pareti rivestite di mattoncini e travertino e un palazzo in via Olona che si può vedere solo da lontano perché la via di accesso è chiusa al pubblico transito.