Oggi il mondo ricorda l’orrore della Shoah nel Giorno della Memoria, che quest’anno cade mentre in Medioriente è in corso la guerra tra Israele e Hamas. In tutta Italia sono state organizzate iniziative per celebrare la ricorrenza della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. Ma intanto è scontro per il rinvio dei cortei pro-Palestina previsti in diverse città. E se i palestinesi d’Italia annunciano che rispetteranno l’ordinanza, i Giovani palestinesi annunciano che scenderanno in piazza a Milano, Roma, Napoli e Cagliari. Il 27 gennaio 1945 i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz si aprirono per mostrare al mondo gli orrori dell’Olocausto. Le truppe dell’Armata Rossa liberarono i pochi prigionieri rimasti in vita, circa settemila. È per questo che il 27 gennaio è diventato il Giorno della Memoria, dedicato alla commemorazione di tutte le vittime della Shoah. Ma i grandi campi di concentramento sono stati soltanto i teatri più famosi dell’orrore nazista: lo sterminio degli ebrei è stato portato avanti anche per le strade delle città occupate dal Terzo Reich. Una storia rimasta colpevolmente “in secondo piano” come quella del ghetto di Varsavia, teatro di una violenta strage nel 1943. Da sempre considerati da Hitler come il “nemico principale del Grande Reich”, gli ebrei in Germania furono sottoposti a una serie crescente di vessazioni già prima dello scoppio della guerra. L’antisemitismo nazista – diffuso e strisciante già decenni prima dell’ascesa al potere di Hitler – si concretizzò nelle leggi di Norimberga (1935), con cui gli ebrei vennero privati di ogni diritto e relegati ai margini della società. In tutti i Paesi occupati dai nazisti – in particolare in quelli dell’Europa orientale dove le comunità israelitiche erano più numerose – gli ebrei furono confinati nei ghetti. Quello di Varsavia fu teatro, nell’aprile del ’43, di una disperata insurrezione sfociata in massacro. Dopo l’invasione della Polonia, i nazisti cominciarono a concentrare oltre 3 milioni di ebrei in sovraffollati ghetti in varie città del Paese. Il più grande, e insieme quello più “angusto”, era quello di Varsavia: dall’estate del 1940 furono stipate, in una spazio di circa 3,4 chilometri quadrati, circa mezzo milione di persone. Fu un genocidio “silenzioso”, che l’anno successivo provocò la morte di quasi 45mila ebrei, più del 10% dell’intera popolazione del ghetto. All’inizio del 1943, nel ghetto di Varsavia restavano in vita soltanto 70mila ebrei. Un anno prima, durante la conferenza di Wannsee (Berlino, 20 Gennaio 1942), era stato dato il via alla tristemente nota “soluzione finale della questione ebraica” progettata da Hitler. L’obiettivo era l’eliminazione fisica di undici milioni di ebrei residenti in diverse parti d’Europa. A questo scopo vennero destinati i campi di sterminio di Bełżec, Sobibór e Treblinka e iniziarono i “trasferimenti” anche dal ghetto di Varsavia. Nelle intenzioni dei nazisti c’era anche però lo sfruttamento della forza-lavoro ebraica, che avrebbe portato considerevoli vantaggi economici al regime. Fu allora organizzata anche una deportazione “lavorativa” che doveva destinare 16mila ebrei alla fabbrica di munizioni di Lublino. Ma proprio mentre la colonna umana stava per lasciare il ghetto, alcuni ribelli della ŻOB (Organizzazione ebraica di combattimento) aprirono il fuoco contro i tedeschi e le guardie ucraine che la scortavano causando alcune vittime. Era il primo concreto atto di ribellione armata dall’inizio della guerra. Ne seguì una gerriglia della durata di quattro giorni, nella quale 1.171 ebrei furono uccisi, mentre solo 650 degli ottomila previsti vennero deportati. La presenza tedesca nel ghetto, dopo un iniziale allentamento, tornò a premere in maniera ancora più pressante. Lo stesso anno, all’alba del 19 aprile, un gruppo di soldati tedeschi fu investito da una pioggia di proiettili, granate e bottiglie incendiarie provenienti dalle finestre delle abitazioni di via Nalewki, all’incrocio con via Gesia. Fu l’inizio di uno scontro che si concluse quasi un mese dopo, il 16 maggio. Il ghetto ne uscì distrutto e la popolazione decimata. Persero la vita 13.929 ebrei, mentre i restanti 56.065 vennero internati nei campi di concentramento. Le perdite tra le fila tedesche furono molto più contenute: secondo le stime naziste, caddero 17 persone e 93 rimasero ferite; secondo la stampa polacca, invece, a morire furono mille tedeschi. Al di là dei numeri, la strage del ghetto di Varsavia mostrò l’orrore del genocidio nazista per le strade di una città occupata e devastata dal fuoco, in cui soffrire la fame era diventata la normalità. Il ghetto venne poi interamente demolito e divenne il teatro delle esecuzioni di prigionieri e ostaggi polacchi. Successivamente sulle rovine del quartiere venne innalzato il campo di concentramento KL Warschau. Un’altra ribellione ebraica, la seconda più grande dopo quella di Varsavia, si ebbe nel ghetto di Białystok. Nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1943, le truppe tedesche si scontrarono con la resistenza di alcune centinaia di ebrei. Le forze in campo erano però troppo sbilanciate: i nazisti ebbero la meglio dopo qualche giorno di guerriglia. Dei circa 60mila ebrei che vivevano a Białystok prima della guerra, solo poche centinaia sopravvissero alla Shoah. La liberazione del campo di Auschwitz, seguita nell’aprile del 1945 da quelle di Dachau e Buchenwald, ha mostrato al mondo intero gli orrori del genocidio nazista e dello sterminio del popolo ebraico (Shoah), ancora vivissimi nei racconti dei testimoni sopravvissuti e negli strumenti di tortura e morte utilizzati nei lager. Circa due settimane prima dell’apertura dei cancelli, i nazisti operarono un’ultima terribile “marcia della morte”, nella quale condussero verso Auschwitz tutti i prigionieri ancora vivi. Molti di loro morirono lungo il percorso. Il Giorno della Memoria è stato istituito il primo novembre 2005 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. In Italia la giornata commemorativa è stata invece istituita per legge nel 2000 in ricordo delle vittime dell’Olocausto e delle leggi razziali, nonché di coloro che hanno protetto i perseguitati ebrei a rischio della propria vita e di tutti i militari e politici italiani deportati nella Germania nazista.