Il Tribunale di Velletri ha accolto il ricorso di Piero De Luca, lavoratore dal 1986 dello stabilimento Colgate Palmolive di Anzio esposto all’amianto e affetto da ispessimento e placche pleuriche che si era visto respingere dall’INPS la domanda secondo i benefici previsti dalla legge 257/92. De Luca, 60 anni, originario di Nettuno, è stato in forze presso lo stabilimento Colgate di Anzio, occupandosi della manutenzione di vari reparti e impianti di fabbricazione. Come è evidente in sentenza l’uomo è stato impiegato fino al 2012 nel reparto saponi costituito da serbatoi riscaldati, tubazioni di vapore, caldaie sapone, tutti coibentati in amianto e persino i guanti per il calore che aveva in dotazione erano realizzati in amianto. Nel 2019 De Luca manifesta i primi sintomi della malattia asbesto correlata e l’Inail accerta la sussistenza della patologia “ispessimento e placche pleuriche” causata dall’esposizione professionale a polveri di amianto. Nel 2020 la richiesta dei benefici amianto e prepensionamento all’Inps, negata dall’Ente. Per il riconoscimento dei legittimi diritti si rivolge quindi all’Avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, che ha ottenuto ragione dal Tribunale che ha condannato l’INPS a riconoscere al lavoratore l’accredito della maggiorazione contributiva, quindi una pensione che avrà diritto ai benefici previdenziali previsti dalla legge sulla messa al bando amianto con un aumento del 30% circa raggiungendo l’importo di 2500 euro mensili.
“Questa sentenza è molto importante poiché anche in caso di malattie come le placche pleuriche, che fortunatamente non sono mortali, comunque sussiste il diritto al prepensionamento. Tutti i lavoratori esposti ad amianto, anche se asintomatici, dovrebbero essere sottoposti a sorveglianza sanitaria, quindi alle più opportune terapie, e allo stesso tempo al pensionamento anticipato – dichiara Ezio Bonanni, che sottolinea – “continueremo nella nostra funzione di tutela e assistenza legale dei lavoratori per il loro risarcimento del danno, anche se l’impegno principale è quello di evitare l’esposizione alla fibra killer, che può uccidere anche a distanza di decenni”.