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martedì, Luglio 16, 2024

Venezia, arrestato l’assessore Boraso: l’accusa è corruzione. Indagato anche il sindaco Brugnaro

Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, è indagato nell’ambito dell’indagine che ha portato oggi all’arresto, tra gli altri, dell’assessore comunale alla Mobilità, Renato Boraso. Oltre a Brugnaro, sono indagati anche il capo di Gabinetto del sindaco e direttore generale del Comune, Morris Ceron, il vicecapo di Gabinetto, Derek Donadini. La vicenda che coinvolge Brugnaro riguarderebbe le trattative di vendita all’imprenditore Chiat Kwong Ching, di Singapore, dell’area dei “Pili” che si affaccia sulla laguna di Venezia. Gli accertamenti riguardano il blind trust che gestisce il patrimonio di Brugnaro. L’abitazione di Boraso è stata inoltre sottoposta a perquisizione. Nell’inchiesta sono coinvolte 18 persone, a vario titolo, e le misure cautelari eseguite sono una decina. “Sono esterrefatto! In cuor mio ed in coscienza, so di aver sempre svolto e di continuare a svolgere l’incarico di sindaco come un servizio alla comunità, gratuitamente, anteponendo sempre gli interessi pubblici”. Lo afferma in una nota il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, “a seguito – spiega – della ricezione di un avviso di garanzia”. E nel merito dell’indagine aggiunge: “L’ipotesi che io abbia potuto agire sui Pili per portare vantaggi in termini di edificabilità e/o varianti urbanistiche è totalmente infondata. Com’è noto, ed ho spiegato pubblicamente, quella è un’area già edificabile da prima della mia amministrazione”. Sempre riferito alla vicenda dell’area dei Pili, Brugnaro sottolinea di non aver “mai ho pensato, né messo in atto, alcuna azione amministrativa per un cambiamento delle cubature”. “Stessa cosa – conclude – riguardo la vendita di Palazzo Papadopoli (altra operazione nell’indagine della Gdf, ndr) che mi risulta alienato secondo una procedura trasparente dal punto di vista amministrativo. Ovviamente, sono e resto a disposizione della magistratura per chiarire tutte queste questioni”. Corruzione, riciclaggio e falsa fatturazione. Sono questi i reati contestati all’assessore Boraso nell’ambito di un’indagine nata nel 2021 sulla scorta di un esposto relativo all’uso di alcuni terreni della periferia di Venezia. Secondo quanto riferito dal procuratore capo Bruno Cherchi, dopo la segnalazione le indagini sono scattate nel 2022, mentre l’attività delittuosa sarebbe proseguita fino ad oggi nonostante Boraso fosse venuto a conoscenza degli accertamenti in corso. “Abbiamo iniziato con le intercettazioni – ha detto Cherchi – per poi passare ai riscontri documentali grazie all’attività della Guardia di finanza, alla quale è stata affidata l’indagine. Stamane con ordinanza del Gip abbiamo dato il via alle misure cautelari e alle perquisizioni in abitazioni ed uffici perché eravamo a conoscenza, attraverso le intercettazioni, che Boraso stava distruggendo i documenti”. Il capo della Procura lagunare ha poi specificato che Boraso “si era messo a disposizione, da assessore ma con le sue svariate società, per attività che nulla avevano a che fare con la pubblica amministrazione, facendosi pagare con fatture per prestazioni inesistenti in modo ripetuto; interveniva su appalti e servizi e modificando piani comunali a favore di diversi imprenditori, che poi lo pagavano”. Nel corso dell’operazione di stamane sono stati impegnati 200 militari della Gdf e sono stati sequestrati preventivamente e per equivalente oltre 2 milioni di euro alle società di Boraso e alle imprese coinvolte.

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