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venerdì, Settembre 27, 2024

I granchi blu colonizzano l’oasi protetta

Ora i granchi blu fanno paura. Sono tanti, si stanno moltiplicando e hanno iniziato in qualche modo a modificare l’ecosistema faunistico della palude di Torre Flavia. Volontari ed esperti sono all’opera da settimane, in collaborazione con l’università di Roma 3, per cercare di catturarli ma le nascite sono troppe e con il passare dei mesi lo stagno e i canali nei pressi dell’oasi protetta sono strapieni di invasori. «L’arrivo del granchio blu – sottolinea Corrado Battisti, gestore della riserva naturale per conto di Città Metropolitana – è un ulteriore colpo per un ecosistema già sottoposto a stress. Se non si interviene prontamente, rischiamo di vedere una drastica riduzione della biodiversità in quest’area. La situazione è particolarmente grave perché il granchio blu non ha predatori naturali nell’area mediterranea, il che gli permette di proliferare senza controllo». I granchi blu possono divorare vongole, gamberi, pesci, tanti animali che popolano la riserva. «Basti pensare – prosegue il gestore – che qui abbiamo 130 specie di molluschi diversi, anche per via delle secche di Torre Flavia. La presenza dei granchi può avere un impatto devastante». La plude di Torre Flavia rappresenta una risorsa preziosa non solo per la biodiversità locale, ma anche per l’educazione ambientale e il turismo sostenibile. Ogni anno, migliaia di visitatori, tra cui scuole e appassionati di natura, si recano all’oasi per osservare le numerose specie di uccelli che trovano rifugio in questo ambiente naturale. «L’unica via è quella di prenderli – conclude – magari mangiarli, senza creare allevamenti possibilmente. Non ci sono altre soluzioni, devono essere catturati. Gli aironi possono divorare quelli piccoli con il loro becco ma gli adulti non ci riescono perché sono troppo grandi. Le uova degli ospiti alieni sono tante, migliaia. È una battaglia complicata e lunga». Corrado Battisti, insieme ad altri esperti, lancia l’ennesimo appello urgente affinché si intervenga al più presto per evitare il collasso ecologico di una delle ultime zone umide costiere del Lazio.

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