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venerdì, Settembre 27, 2024

Caporalato, il Procuratore di Latina: “Persa la richiesta arresto per Renzo Lovato”

Fascicoli persi e tempi lunghi non hanno consentito di completare in modo compiuto un’indagine avviata negli anni scorsi su diverse aziende e due caporali indiani nel Pontino, nella quale era indagato anche Renzo Lovato, il padre di Antonello, ora in carcere per l’omicidio del bracciante Satnam Singh. A raccontarlo, durante un’audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, è stato il Procuratore della Repubblica di Latina, Giuseppe De Falco, che ha parlato di ” un procedimento complesso – perché riguarda 17 indagati. La Procura ha svolto indagini complesse terminate nel novembre 2021 e nel marzo 2022 ha depositato al gip la richiesta di misura di custodia cautelare per 11 persone e per il sequestro di 5 aziende. La richiesta del 5 marzo 2022 non è stata evasa dal gip titolare, che il 20 aprile 2023, un anno dopo, è stata arrestata per corruzione. Il procedimento è transitato ad altro gip il quale ha fatto innanzi tutto richiesta di ridepositare la richiesta di misura cautelare perché, spiace dirlo, la richiesta non si trovava. Ritrasmessa, il giudice ha ritenuto che, essendo passato troppo tempo dalla data di commissione dei reati, benché ci fossero gravi indizi non ci fossero più le esigenze cautelari”. Secondo il magistrato il caso di Satnam ha comunque portato a un aumento delle denunce da parte dei braccianti stranieri che lavorano nelle campagne del Sud del Lazio. Se dal primo luglio 2023 al 30 giugno 2024 erano stati avviati dalla Procura del capoluogo pontino complessivamente 7 procedimenti per caporalato, dal 30 giugno di quest’anno ad oggi le indagini aperte sono già 8. “è evidente che questa vicenda – ha spiegato De Falco – ha stimolato innanzitutto alcuni lavoratori, perché tre denunce arrivano dai braccianti e una quarta dal sindacato”. Il procuratore ha anche ammesso “la non rispondenza dei procedimenti rispetto alla reale entità del fenomeno”. Questione data, secondo il procuratore, “da più fattori: in primis l’estrema ritrosia da parte dei lavoratori sfruttati a denunciare le situazioni in cui sono vittime, anche per il fatto che molti non hanno il permesso di soggiorno, ma anche coloro che lo hanno, regolarmente assunti, possono versare “in condizioni di sfruttamento, se non altro per l’adozione delle misure di sicurezza sul lavoro e sul rapporto di lavoro quali retribuzione, straordinari, ferie: anche loro, trovandosi in situazione di inferiorità patologica rispetto al datore di lavoro, non hanno interesse a denunciare: subiscono delle condizioni lavorative non regolari pur di non perdere il rapporto di lavoro. A questo si aggiunge l’estrema difficoltà, per carenza di uomini e mezzi, di operare su vasta scala ispezioni di carattere amministrative che possano a scoprire situazioni che devono essere investigate”.

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