“Claudio Campiti è una persona pericolosa, lucida, che può organizzarsi per ottenere ciò che vuole. Siamo in presenza, dal punto di vista psichiatrico, di un soggetto affetto da disturbo della personalità di tipo paranoide, una forma patologica”. E’ quanto hanno affermato gli psichiatri del carcere di Regina Coeli, sentiti nel processo a carico dell’uomo accusato di avere ucciso quattro donne a Fidene, quartiere nella periferia nord-est di Roma, nel dicembre del 2022 nel corso di una riunione di condominio. I medici, che hanno visitato il detenuto varie volte, hanno riferito che Campiti ha sostenuto di avere compiuto la strage perché “non era stato ascoltato nelle sue richieste e quindi si è dovuto fare giustizia da solo. È strategico – hanno aggiunto – capace di pianificare sulla base dell’obiettivo che ha”.
Oltre Campiti compaiono come imputati anche il presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma e un dipendente addetto al locale dell’armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto dove il killer prese l’arma utilizzata poi per compiere la strage. Il dipendente della struttura, Giovanni Maturo, ha fatto dichiarazioni spontanee affermando che la sua vita “con i dovuti distinguo, è cambiata da quel giorno. Mi sono sempre informato, chiedendomi come è stato possibile tutto ciò. Il pensiero che tanto dolore possa essere stato causato anche solo in parte da me non mi fa dormire, mi chiedo senza darmi risposte perché è accaduto tutto questo. Seguivamo un regolamento, ora scopro che il regolamento era sbagliato, c’erano stati altri episodi ma nessuno li aveva contestati”.