Era il maggio dello scorso anno quando il fuoco brucia i chioschi sul lungomare di Latina. In un caso il rogo scoppia nonostante stesse piovendo e il generatore di corrente non fosse neppure collegato, fatto che escludeva il corto circuito. Mesi dopo è nella gestione di alcuni chioschi che spuntano episodi di intimidazione e scontri tra bande. C’è il caso, per esempio, di un avventore che prima beve e poi fa cadere il bicchiere per terra, in stile far west e subito minaccia: “Domani veniamo a mangiare in 10 “, sottinteso gratis. Il gestore chiede ed è sicuro di ottenere protezione da altri gruppi ma non si rivolge alle forze dell’ordine. Che però sono all’ascolto delle telefonate, in una serie di intercettazioni dalle quali il mosaico delle minacce mafiose sul lungomare di Latina prende piano piano forma. Ora in quel procedimento entrano gli atti di un’altra indagine, quella sul comune di Aprilia, sciolto per infiltrazioni mafiose. I magistrati della DDA vogliono provare l’utilizzo del metodo di mafia nel comportamento degli indagati. Nell’integrazione degli atti sono previste anche le intercettazioni. In una storia che diventa sempre più grande.