Il grande studioso della civiltà etrusca Benedetto Zapicchi, nel suo libro dedicato alle necropoli etrusche di Cerveteri, ripercorre l’evoluzione della tipologia funeraria durante le varie epoche: leggiamo un approfondimento nel suo libro. Il periodo tardo-villanoviano di Caere, si è detto breve, con un’evoluzione piuttosto rapida riscontrabile più nella tipologia di sepolcri che nei materiali dei corredi funebri. Entro e non oltre l’VIII sec. a.C., con il passaggio dal rito dell’incinerazione a quello dell’inumazione, si afferma la tomba a fossa, tesa, nei suoi vari aspetti, alla trasformazione nella forma di tomba semi costruita. L’aspetto più interessante delle necropoli ceriti è quello che permette di seguire la costante evoluzione delle forme architettoniche nel loro sviluppo che giungerà al conseguimento dei modelli costruiti a somiglianza delle case dei vivi. Alle ricchissime tombe semi costruite (Tomba RegoliniGalassi) o interamente costruite (Tomba di SanPaolo), seguono le prime forme a camera totalmente scavate nella roccia. In quest’ultima soluzione le tombe, superate le iniziali difficoltà date dal cambio della tecnica usata per il ricavo, che diventa orizzontale, mentre prima procedeva verticalmente, concretizzano ambienti che ricalcano le strutture lignee delle case a forma di capanna, imitando nella pianta delle quadrangolari del tardo villanoviano, con copertura a doppio spiovente (Tomba della Capanna), seguite da quelle più imponenti, con le travature poggianti su grossi pilastri, evidenziando elementi costruttivi, come le capriate (Tomba della Nave, Animali Dipinti, Leoni Dipinti ecc.). Dalla metà del VII sec., a.C. fino a tutto il VI, i sepolcri ripeteranno forme e innovazioni architettoniche probabilmente desunte dalle abitazioni ceretane (Tav. 5-6-7). In questo periodo appaiono evidenti i perfezionamenti nella tecnica, con l’uso di strumenti quali la livella e il filo a piombo, o equivalenti, e l’introduzione nella decorazione funeraria di arredi domestici come klinai, seggi, ma anche cornici, capitelli, portali, ecc. Sempre attenti a riprodurre gli schemi degli ambienti domestici, I Ceriti poco concedono alle semplici necessità inumatorie. Nel V sec. a. C. l’evoluzione nelle forme architettoniche, fin qui lineare e continua, sembra avere una flessione, per poi riprendere nel secolo successivo, con un percorso proficuo ma non altrettanto prolifero. Questo particolare periodo risente degli eventi storici, che sicuramente hanno provocato profondi cambiamenti, e non solo a Caere. Sul finire del VII sec. a. C., gli Etruschi subiscono ad Ariccia una grave sconfitta da parte di Latini e Cumani, guidati da Aristodemo “Malakos” (il Molle), perdendo il controllo della Campania e con esso la stabilità economica e politica. A Caere il potere è tenuto da Thefarie Velianas, definito “re” nell’iscrizione delle famose lamine d’oro ritrovate a Pyrgi,redatte in etrusco e in punico. Non è improbabile che si tratti di un tiranno o forse anche di un magistrato supremo. Nel 474/3 un trentennio dopo quella di Ariccia, gli Etruschi subiscono ancora una sconfitta rovinosa a Cuma. La battaglia, ricordata da Pindaro, dà inizio concreto alla decadenza etrusca. Caere, menomata nella sua potenza navale, non è più in grado di difendere i suoi porti e Pyrgi viene saccheggiata e distrutta da Dionigi I, tiranno di Siracusa. La perdita di potere ricchezza, causata dalle guerre, insieme all’incremento di sepolture, dovuto ai caduti dà origine a Caere ad un massiccio fenomeno di riutilizzo dei sepolcri, che si protrarrà sino alla fine della civiltà etrusca. Ciò si può riscontrare in tombe come quella dei Leoni Dipinti, in cui avvengono numerose riutilizzazioni. La prima risale alla metà del V sec. a. C., con l’aggiunta in alcuni letti dell’elemento triangolare che, in quest’epoca, caratterizza ancora le sepolture femminili, continuando con l’inserimento di loculi, fino alla piena decadenza, quando viene realizzata la fossa ossuaria e gli incassi sulle banchine, per la posa di catafalchi o sarcofagi. Un altro esempio molto indicativo della riutilizzazione dei sepolcri è dato dalla tomba dei Vasi Greci. Ultima in senso cronologico di 4 tombe, comprese in un “Grande Tumulo”, è il solo complesso che presenti la continuità di sepoltura di una stessa famiglia. È certo che, oltre al riutilizzo dei sepolcri, anche i materiali dei corredi furono in parte riesumati, ritrovandosi alcuni antichi vasi adibiti a cinerari all’esterno dei tumuli o riproposti a corredo di contesti funerari molto più recenti. In questo periodo ha inizia anche lo sfruttamento di zone precedentemente adibite a cave, dove vengono create piazzette sepolcrali, attorno alle quali vengono organizzati ed hanno accesso i sepolcri. Termina l’uso del tumulo circolare e, nei pochi casi monumentali, le tombe si avvalgono di quelli a forma di “dado” o “semidado” (Tomba Merce Ursus, Via dei Vasi Greci, Tomba 1003 ecc.). Sul finire del secolo riprende la costruzione di serie, con sepolcri non più a carattere unicamente familiare. Vengono ricavati ambienti a camera unica, per sepolture comuni, con banchine addossate alle pareti, munite di divisori che segnano lo spazio delle singole sepolture. Negli esempi più ricchi, indiscutibilmente appartenenti a facoltose gentes, come gli Apucu della tomba dei Sarcofagi, i Tarcna della tomba dei Tarquini, i Tarna della tomba dell’Alcova, ma anche della tomba Torlonia, di cui non ci è giunto il gentilizio, si nota una buona tecnica di esecuzione. Sono ambienti di grande respiro, che trasudano ricchezza, come nella tomba dei Rilievi, dei Matuna, ma non forniscono più un’imitazione delle case dei viventi, se non in alcuni elementi architettonici. Sono veri ambienti funerari, dove domina Caronte e Cerbero, ambienti che si adattano perfettamente alla sepoltura di un popolo che ha mutato il suo credo religioso, configurandosi il mondo dei morti in modo molto diverso e funesto. Pertutto questo periodo, se si escludono i grandi sepolcri gentilizi, nella maggior parte delle tombe si riscontra una certa uguaglianza che segue la moda dei tempi, in conformità delle tecniche raggiunte. Nel periodo più tardo (III-II sec. a.C.), gli aspetti costruttivi, senz’altro più avanzati, permettono realizzazioni superbe, ma non per tutti. Notiamo infatti la sontuosità di alcuni complessi, come quello di Greppe di S. Angelo che contrasta con l’austerità di altri, che pure sappiamo appartenere a nobili famiglie ceretane, come la tomba dei Clautie. Gli insuperabili costruttori ceriti avevano aggiunto la definizione dell’arco e della volta, creando, con estrema semplicità, “ponti sodi” e traforando con una miriade di cunicoli tutto l’altopiano roccioso, per creare reti idriche e fognanti, ma anche per bonificare vaste aree, come la Bufolareccia. Avevano saputo creare ambienti dalle strutture e rifiniture che sfiorano la perfezione (tomba della Cornice). Avevano imparato a ricavare o costruire le crepidini dei tumuli, articolate in listelli, echini, tori, becchi di civetta, ma anche portali, piedritti, architravi e varie forme di pilastri e capitelli. Un campionario che dimostra la creatività dei costruttori, ma anche la loro abilità nello sfruttamento delle caratteristiche naturali del tufo, nel lasciare delle intersezioni di compatto a fare da filtro negli acquedotti, o nel riprodurre forme architettoniche di utilità pratica, come le porte trapezie, che garantivano il bloccaggio dell’apertura e chiusura per ricaduta (tomba della Capanna).