giovedì, Dicembre 12, 2024

Omicidio Sacchi, i due complici del killer condannati a 25 e 24 anni

In relazione all’omicidio di Luca Sacchi, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma, nell’ambito del processo bis di secondo grado, disposto dalla Corte di Cassazione che aveva annullato le condanne, ha inflitto una pena di 24 anni a Paolo Pirino, complice di Valerio del Grosso, e di 25 anni a Marcello De Propris, che fornì l’arma del delitto. Per Del Grosso la condanna a 27 anni per l’omicidio di Luca Sacchi era diventata definitiva dopo la Cassazione. L’ex fidanzata di Luca Sacchi, Anastasiya Kylemnyk, accusata di spaccio di droga, è stata condannata a tre anni di reclusione. Il personal trainer venne ucciso con un colpo di pistola alla testa la notte tra il 23 e il 24 ottobre 2019 davanti al Parco degli Acquedotti all’Appio. Il delitto si consumò nell’ambito di una compravendita di droga non andata poi in porto. “Siamo soddisfatti della sentenza, giustizia è fatta. A noi interessava la conferma della pena”, ha commentato Alfonso Sacchi, padre di Luca. “Noi abbiamo perso un figlio, loro un domani si ritroveranno con dei figli, noi no”. Per i tre imputati il 16 maggio la Cassazione aveva disposto un nuovo processo di appello. In particolare, secondo l’impianto accusatorio, Pirino quella notte era presente sul luogo del delitto con Del Grosso mentre De Propris fornì l’arma con cui venne ucciso Sacchi con un colpo alla testa. Il fatto avvenne all’esterno di un pub nella zona di Colli Albani. Sacchi era in compagnia della fidanzata Anastasiya e di alcuni amici. Del Grosso sparò nel tentativo di rapinare la ragazza che nello zaino aveva 70mila euro, denaro mai trovato, che sarebbero serviti per acquistare circa 15 chili di marijuana. Nel corso della requisitoria, il pg Carlo Lasperanza ha affermato che “la vera causa di questo omicidio è la droga. È il mercato delle sostanze stupefacenti che porta a queste tragedie. In questo processo l’attività di spaccio è stata sottovalutata, ma c’era un’associazione, un ‘gruppo’ come lo chiama la Cassazione, in cui ognuno aveva il suo compito”. Riferendosi al ruolo di Kylemnyk, il rappresentante dell’accusa ha affermato in aula che “non ha mai collaborato alle indagini. Questo la dice lunga sulla sua personalità, anche davanti alla morte del fidanzato ha cercato di proteggere se stessa, dicendo che i 70mila euro servivano per un impiccio con le moto”.

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