martedì, Gennaio 21, 2025

Gaudenzio Parenti: “La portualità italiana deve guardare al futuro”

Gaudenzio Parenti incarna la nuova generazione di leadership nel settore portuale. Con un approccio pragmatico e visionario, guida Ancip (Associazione Nazionale Compagnie e Imprese Portuali) in un momento cruciale per il comparto. Nato a Civitavecchia e con un percorso che parte dalla Compagnia Portuale locale, Parenti ha acquisito una profonda conoscenza del settore, facendosi portavoce delle istanze dei lavoratori e delle imprese. La sua visione abbraccia innovazione tecnologica, sostenibilità e una riforma portuale che possa rafforzare la competitività dell’Italia sui mercati globali. In questa intervista, ha affrontato i cambiamenti in atto, le sfide future e il ruolo strategico del porto di Civitavecchia.

Dottor Parenti, in diversi suoi interventi ha evidenziato come il lavoro portuale sia in costante evoluzione. Quali sono i cambiamenti più significativi che ha osservato negli ultimi anni e come ritiene che queste trasformazioni stiano ridefinendo le competenze richieste ai lavoratori del settore?

«Negli ultimi anni stiamo osservando, a volte subendo, una continua mutazione del settore che in maniera abbastanza diffusa sta avvenendo in tutti porti commerciali italiani. Sicuramente dal Covid in poi, con le crisi geopolitiche che si sono susseguite soprattutto in aree strategiche per le rotte commerciali c’è stata un’accelerazione nella destrutturazione con nuove e continue ricostruzioni della Supply chain mondiale. Inoltre, l’integrazione verticale delle società armatoriali e le strategie di posizionamento delle stesse nelle più importanti banchine portuali, così come l’acquisizione dei vari fondi di investimento nei terminal commerciali stanno ridefinendo non solo i processi imprenditoriali ma, soprattutto, quelli operativi e lavorativi. Inoltre con l’inizio della presidenza Trump con conseguenti cambiamenti sui dazi commerciali, con la tregua finalmente raggiunta a Gaza e, si spera, con la fine della guerra in Ucraina gli scenari commerciali cambieranno di nuovo e, quindi, bisogna farsi trovare pronti. Da qualche anno poi vado dicendo che dobbiamo guardare a ciò che sta evolvendo in altri contesti come quello digitale. Sono estremamente convinto, infatti, che questi processi debbano essere guidati sia da un punto di vista operativo che normativo. L’AI, la realtà aumentata e l’automazione sono ormai presenti nei porti e, pertanto, non possiamo volgere lo sguardo da un’altra parte, facendo finta di nulla: serve avere il coraggio affinché questi processi che stanno rivoluzionando la vita dell’uomo e della società siano indirizzati all’efficienza operativa per le aziende e al benessere e a minori carichi di lavoro per i lavoratori. Infine, bisogna analizzare e osservare attentamente la rotta artica che, con i cambiamenti climatici in atto, potrebbe diventare maggiormente trafficata».

Sotto la sua direzione, Ancip ha intensificato il dialogo con le istituzioni e il mondo imprenditoriale assumendo un ruolo centrale nel cluster marittimo-portuale nazionale. Quali sono le principali priorità che avete individuato per sostenere il comparto in questo momento di transizione? In che modo Ancip si sta preparando per affrontare le sfide poste dalla futura riforma portuale?

«Ancip è attualmente l’associazione più rappresentativa dei porti italiani, compreso quello di Civitavecchia. Siamo gli unici, infatti, ad avere tutte le tipologie di imprese operanti nei porti, dalle imprese ai terminal portuali, dai somministratori di manodopera temporanea fino alle società di servizi di interesse economico generale. Ma il merito parte da lontano ed è delle imprese e delle donne e degli uomini di Ancip. Le priorità che abbiamo sono l’innovazione, la concretizzazione e l’evoluzione: tre aspetti strategici. L’evoluzione del comparto portuale non può avvenire solo attraverso le infrastrutture materiali e immateriali, dimenticando l’elemento strategico, l’asset più importante, quali le imprese e gli operatori delle stesse. La logistica portuale del futuro, anzi ormai presente, deve necessariamente transitare attraverso la valorizzazione, il potenziamento e l’evoluzione, appunto, del lavoro portuale. Partendo da questi assunti, tutte le nostre tipologie di aziende associate hanno realmente necessità di un grande programma straordinario di rilancio del lavoro in ottica presente e futura: da una parte la formazione e il potenziamento delle competenze, soprattutto digitali, degli operatori che deve necessariamente comprendere, come detto, la conoscenza dell’intelligenza artificiale, della realtà aumentata e dell’automazione. Dall’altra l’accompagnamento anticipato alla quiescenza degli operatori portuali per consentire un costante ricambio generazionale strumentale all’efficienza dell’intero sistema portuale nazionale. Inoltre stiamo ultimando il nostro position paper circa la Riforma portuale che conterrà, tra le altre, le nostre proposte che ho esposto in audizione in Parlamento e al Cipom circa l’evoluzione armonica del sistema portuale».

Proprio la riforma portuale rappresenta un tema cruciale per il futuro del settore. Quali sono gli aspetti della riforma che potrebbero avere il maggiore impatto sui porti italiani, quali le necessità non più rinviabili e quali le sfide dalle quali l’Italia non può tirarsi indietro?

«Mi preme innanzitutto evidenziare che gli “eventuali” ritardi della portualità italiana non dipendono assolutamente dalle imprese e dai lavoratori, anzi ne sono l’eccellenza. Fatta questa doverosa premessa e vista l’imminente discussione istituzionale circa la riforma dei porti, ribadisco ciò che ho già esposto nelle varie audizioni. Qualora il legislatore intenda perseguire questo percorso di riforma, abbiamo necessità di un sistema portuale nazionale organico con una forte e autorevole regia e governance centrale e con visione comune di ampio respiro. Che sappia individuare le infrastrutture realmente necessarie e sostenibilmente evolutive e tutelare la naturale diversificazione commerciale dei porti. Che abbia forza per dialogare, anche tramite acquisizioni all’estero, con i big player mondiali dei trasporti e della logistica, mantenendo al contempo il potere regolatorio del mercato portuale. Dobbiamo pensare a ciò che sarà e non a ciò che è: cominciare a traguardare la nostra visione da una condizione attuale contestualizzata esclusivamente nel carico/scarico della merce e transito passeggeri, ad una visione più olistica. Questo non vuol dire far venir meno l’essenza stessa di un porto quale snodo strategico di transito di merci e passeggeri, ma avere la consapevolezza di quanto questo settore non possa più essere separato a comparti da quello tecnologico, da quello energetico e da quello dell’innovazione. Una delle più grandi sfide dovrebbe essere quella di non concepire, e prevedere cioè, il sistema portuale come una mera sintesi e sommatoria di interessi e visioni particolari. I porti, infatti, diventeranno degli ecosistemi, globalmente integrati, in cui poter svolgere molteplici attività interconnesse all’ intermodalità, alla sostenibilità ambientale, alla transizione digitale, all’intelligenza artificiale e, non da ultimo, all’economicità».

Lei rappresenta una nuova generazione di manager portuali. Come la sua formazione e la sua esperienza e competenza nel settore hanno influenzato il suo approccio alla leadership in Ancip? Quali principi guida ritiene fondamentali nel suo lavoro quotidiano e come cerca di trasmetterli all’interno dell’associazione?

«La ringrazio ma non penso di meritare così tanta attenzione. Mi conosci (sorride ndr), sono riservato e non amo essere al centro dei riflettori, anche perché non penso di fare nulla di così straordinario. Eseguo, con umiltà, massimo impegno e dedizione, solo il mio lavoro nell’interesse delle imprese associate e di quelli più generali della portualità nazionale nel massimo rispetto di tutte le Istituzioni e di correttezza nei rapporti industriali con i sindacati e le altre associazioni imprenditoriali. Il mio percorso personale inizia dalla Compagnia Portuale Civitavecchia a cui devo tutto: da qui ho iniziato ad imparare veramente cosa sia la portualità. Poi nei ruoli che si sono susseguiti, da quello di consulente e docente a quello di consigliere eletto nella Federazione italiana del mare, compreso ovviamente quello attuale ho avuto modo di ampliare la visione a 360°. Ci vuole poi una “lucida follia” nel pianificare strategie e nell’ affrontare le sfide e le tante problematiche che si materializzano. Credo, inoltre, nelle potenzialità e nuove occasioni che si stanno presentando per il prossimo futuro. Tutto questo avendo come principi la lealtà, la correttezza, la ricerca dell’equilibrio tra interesse delle imprese e quello generale, e la determinazione di portare avanti ciò che si ritiene giusto. E poi la cosa per me più importante: amo i porti e amo lavorare in questo stupendo contesto».

Da civitavecchiese, come vede il ruolo del porto di Civitavecchia nel panorama nazionale e internazionale? Quali opportunità ritiene che lo scalo possa cogliere per diventare sempre più un hub strategico nel Mediterraneo, e quali sono i principali aspetti da cogliere per realizzare questa visione?

«Il porto di Civitavecchia ha un ruolo importante nel panorama nazionale ed internazionale con tanto potenziale ancora inespresso. Per correttezza non entro nel merito di questioni locali, anche se su alcune idee mi sono già confrontato con alcuni importanti operatori locali, ragionando anche della necessità di sviluppare aree di produzione nel territorio retroportuale per creare nuovi traffici. Oltre ovviamente a consolidare l’esistente e cercare di ridurre le tasse portuali, mi permetto solo di dire che quelle che oggi sono viste come grandi problematiche possono e devono invece diventare delle grandi opportunità».

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