Sono state liberate le quattro soldatesse israeliane finora tenute in ostaggio. Scese dai suv dei fondamentalisti, sono salite sorridenti sul palco allestito a Gaza City e sono poi partite a bordo dei mezzi della Croce Rossa per tornare a casa. Al loro rientro sono state accolte dai parenti e dalla folla in festa e hanno riabbracciato i genitori nella base militare di Reem. Nel frattempo sono stati rilasciati 200 prigionieri palestinesi. Il Libano denuncia che Israele sta ritardando il ritiro delle sue truppe dal Paese dei cedri. Tel Aviv ha inoltre chiesto che l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi, lasci Gerusalemme entro il 30 gennaio. Israele sta aspettando da Hamas la lista con i nomi degli altri 26 ostaggi che devono essere rilasciati. “C’è grande preoccupazione per i due bambini Kfir e Ariel, di 2 e 5 anni, e per la madre Shiri” della famiglia Bibas. Lo ha detto il portavoce dell’esercito, Daniel Hagari. Hamas ha comunicato che ci sono errori riguardo i nomi di alcuni dei prigionieri palestinesi che Israele dovrebbe rilasciare oggi. Lo riferiscono i media israeliani. L’Ufficio dei prigionieri ha precisato che la questione è stata resa nota ai mediatori e si conta di trovare soluzione. Gli Houthi dello Yemen hanno rilasciato unilateralmente 153 detenuti di guerra. Lo ha affermato il Comitato Internazionale della Croce Rossa. Venerdì sera i ribelli sciiti avevano segnalato di aver pianificato il rilascio dei prigionieri, parte dei loro sforzi per allentare le tensioni dopo il cessate il fuoco nella guerra tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza. Tuttavia, il rilascio segue la detenzione da parte degli Houthi di altri sette lavoratori yemeniti delle Nazioni Unite, che ha scatenato la rabbia dell’organismo mondiale. Sulla base di uno degli ordini esecutivi di Donald Trump, il neo segretario di Stato Usa Marco Rubio ha bloccato nuovi finanziamenti per quasi tutti gli aiuti esteri degli Stati Uniti, con eccezioni per i programmi alimentari di emergenza e gli aiuti militari a Israele ed Egitto. L’ordine, inviato alle ambasciate statunitensi in tutto il mondo, blocca molti miliardi di dollari in progetti finanziati da Washington a livello globale per sostenere tra l’altro la salute, l’istruzione, lo sviluppo, la formazione professionale, la lotta alla corruzione, l’assistenza alla sicurezza.