“Meno Europa, più libertà. Trump ci ha dimostrato che un nuovo mondo è possibile. Non è l’Unione che legittima gli Stati, ma gli Stati che legittimano l’Ue”. Dopo il trionfo del tycoon in America, Matteo Salvini a Madrid per la kermesse dei Patrioti ha affondato senza mezze misure contro Bruxelles, sempre più convinto, insieme ai suoi alleati, di rappresentare “il futuro”. Da Marine Le Pen a Viktor Orban, da Santiago Abascal a Geerd Wilders, sono tutti certi che già a partire dalle imminenti elezioni tedesche, passando per quelle francesi, sia arrivato il loro momento, quello dei sovranisti alla guida degli Stati e delle istituzioni europee. “Il tornado Trump – è stata la sintesi di Orban – ha cambiato tutto: ieri per alcuni eravamo il passato, una follia, ora siamo il futuro, siamo mainstream”. Per Wilders, Trump è un “brother in arms”, un compagno in battaglia. La sua vittoria “deve avere l’effetto di un risveglio del Vecchio continente”, ha fatto eco Le Pen. Dal palco dell’adunata ‘Make Europe Great Again’, Salvini si è scagliato senza remore contro l’Unione “del burka, del gender, del Green deal e del terrore islamico”, infiammando i duemila militanti di Vox giunti in un mega albergo alle porte di Madrid. Per lui il programma è “fare in Europa quello che Trump sta facendo in America”. Quindi ha irriso i leader che si oppongono a questo progetto, i socialisti Olaf Scholz e Pedro Sanchez. Il primo è stato accusato di “non fare nulla per i lavoratori tedeschi” e di volere invece “inviare truppe Nato in Groenlandia”: “Spero che i tedeschi lo premino e gli diano un biglietto di sola andata per l’isola, povera Groenlandia”. Quanto al premier spagnolo, è stato irriso sul tema dell’immigrazione: “Quando sono stato assolto al processo di Palermo abbiamo vinto noi e ha perso Sanchez e le Ong di sinistra: Bye Bye Pedro”. Parole di fuoco anche nei confronti della Cpi perché, a suo giudizio, “mette sullo stesso piano i terroristi di Hamas e un premier democraticamente eletto come Netanyahu”. Infine la punzecchiatura ai popolari europei, responsabili di tenere in piedi Ursula Von der Leyen: “E’ tempo che abbandonino ovunque le alleanze con i socialisti, che scelgano dove stare, o con il passato di Soros o con il futuro di Elon Musk”, ha esortato il leader della Lega. Passaggio che ha suscitato la secca reazione di Forza Italia: “Noi – ha replicato Paolo Barelli, presidente dei deputati azzurri – siamo eredi di tradizioni culturali e politiche ben più solide di quel che rappresentano Musk (al quale va la mia ammirazione) e Soros. Portiamo nel cuore il presidente Berlusconi”. Acido anche il commento del Ppe: “Sosteniamo le politiche che mirano a migliorare il benessere dei cittadini europei e non quelle che vanno contro di esso, come quelle del signor Salvini o di Elon Musk”. Mentre la segretaria del Pd Elly Schlein ha parlato di “rigurgiti nazionalisti” da battere unendo le forze progressiste. Quanto agli altri leader, dal padrone di casa Abascal all’unico premier in sala Viktor Orban, hanno ribadito uno dopo l’altro i punti centrali del loro programma, dalla lotta al green deal del “fanatismo climatico” alla difesa delle identità culturali “minacciate dalla cultura woke”. Un processo che hanno sintetizzato evocando una nuova “Reconquista”. I patrioti europei non sono certamente i re cattolici. E il loro nemico da respingere non sono i mori del tredicesimo secolo. Tuttavia i toni che riecheggiavano alla kermesse madrilena erano quelli da crociata, da guerra santa contro “l’immigrazione massiva islamica” che indebolisce le comunità nazionali, “assecondata dai burocrati di Bruxelles”, che invece di difendere l’identità cristiana europea pensano ad affamare i lavoratori con politiche folli. Un feeling particolare s’è registrato proprio tra Orban e la platea dei militanti di Vox. “Voi spagnoli siete stati i primi a difenderci quando nel 1956 ci siamo ribellati al comunismo e all’Unione Sovietica. Ora io sono con voi”, ha detto il premier magiaro tra l’ovazione dei presenti. A nessuno di loro è sfuggito l’implicito ringraziamento di Orban a Francisco Franco, il dittatore che guidava la Spagna in quel lontano 1956.