“Condotta grave e spregiudicata in spregio dei doveri assunti verso la collettività”. Queste le parole utilizzate dai giudici di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso aprile hanno condannato a otto anni e otto mesi l’ex presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito. Insieme a lui, nella maxi inchiesta sul nuovo stadio della Roma, che sarebbe dovuto essere costruito a Tor di Valle, vennero condannate altre otto persone. Tra queste l’avvocato Luca Lanzalone a tre anni, l’imprenditore Luca Parnasi a due anni con rito abbreviato e Giulio Centemero ad un anno. Tra gli assolti l’ex assessore regionale Michele Civita e Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd. Tra le accuse principali, a vario titolo, quelle di corruzione, traffico di influenze e finanziamento illecito. Per le condotte contestate a Lanzalone, che ha ricoperto in passato anche la carica di presidente di Acea, i giudici hanno evidenziato che non ci sono elementi “favorevoli o positivi” per il riconoscimento “delle circostanze attenuanti generiche, deponendo piuttosto in senso contrario la gravità della condotta, in ragione dell’utilizzo della posizione di responsabilità conferita per fini personali anziché a beneficio della collettività”.