sabato, Aprile 19, 2025

Da palazzo in disuso ad ambulatorio, progetto pubblico-privato all’Umberto I

Da edificio diroccato ad ambulatorio attrezzato: prende forma al Policlinico Umberto I di Roma il primo progetto pubblico-privato che nel giro di un paio d’anni consentirà di realizzare all’interno della cittadella del policlinico universitario una struttura dedicata alle visite intramoenia. L’iter della pianificazione e delle autorizzazioni è completato, entro l’inizio dell’anno prossimo verrà completata la gara europea: chi se la aggiudicherà avrà un anno per i lavori di ristrutturazioni e allestimento della palazzina, che al momento è uno scheletro vuoto, senza finestre e nemmeno solai. L’obiettivo è dotare entro la primavera del 2027 l’azienda ospedaliera universitaria di una nuova struttura, come spiega a LaPresse il direttore generale dell’azienda ospedaliera Universitaria Fabrizio d’Alba, “che sarà utilizzata per la libera professione dei nostri medici e il personale d’assistenza, attraverso un accordo tra noi e un soggetto privato, che ci aiuterà realizzando l’opera, mettendo le tecnologie e supportandoci nella gestione. In questo modo il Policlinico avrà nel suo perimetro una struttura sua per libera professione che permetterà ai suoi dirigenti di fare questa attività prevista della norma a casa loro, nel loro ospedale”. Gli ospedali pubblici in molti casi non dispongono di spazi e attrezzature sufficienti per consentire ai propri medici di svolgere l’attività privata al di fuori del normale orario di lavoro, e molti professionisti effettuano visite e prestazioni mediche in intramoenia allargata presso cliniche e strutture private. Con il progetto del Policlinico, basato sul Partenariato Pubblico-Privato, l’edificio sarà ristrutturato e dotato di macchinari diagnostici dall’azienda privata che si aggiudicherà la gara, verrà dato in concessione per 10 anni, al termine dei quali, l’ospedale acquisirà al cento per cento l’edificio ristrutturato, insieme alle attrezzature. “Abbiamo valutato con interesse la proposta da parte di un soggetto privato – sottolinea d’Alba – di dare pubblica utilità a un edificio grezzo, che non ha trovato nel tempo di utilizzazione e prospetticamente noi non avremmo utilizzato. Saranno installate apparecchiature per la diagnostica per immagini, che a fine del periodo di concessione, dopo 10 anni, diventano pienamente patrimonio della pubblica amministrazione”. “L’opportunità è di fare un’opera che useremo per dieci anni, che nel nostro intendimento e per quello che abbiamo visto nei conti e con il piano che abbiamo approvato, si pagherà con l’introito della libera professione e alla fine resterà nella disponibilità e nel patrimonio dell’azienda”. Il partenariato pubblico-privato è un accordo di lungo periodo, solitamente di 10 anni, tra un ente pubblico e uno o più privati, per realizzare un’opera o un servizio di interesse pubblico: il privato finanzia il progetto, assumendosi il rischio operativo, mentre il pubblico definisce gli obiettivi e ne verifica l’attuazione. In questo caso si tratta di un progetto ad iniziativa privata, in cui l’idea che sta alla base è proposta da un professionista o un’azienda e può essere man mano affinata in collaborazione con l’amministrazione: il privato presenta una proposta, dimostrando la sua sostenibilità tecnica ed economica, l’amministrazione la valuta per determinarne l’interesse pubblico, quindi l’amministrazione pubblica una gara per individuare il miglior offerente. Il concessionario che si aggiudicherà la gara “dovrà realizzare il manufatto, dotarlo di tecnologie, arredi, attrezzature e servizi”, continua il dg. C’è una convergenza di interessi tra pubblico e privato, il cui guadagno sarà legato in piccola parte a un canone fisso ma soprattutto alla “componente variabile che dipenderà dalle attività. In questo è un partenariato: entrambi i soggetti hanno un interesse che la cosa funzioni e funzioni bene”. “Per le finanze pubbliche riteniamo che possa essere un vantaggio perché nel contratto c’è scritto che le marginalità derivanti da queste attività si dividono tra il concessionario e il pubblico, cosa che oggi non succede quando i nostri professionisti vanno all’esterno”, conclude d’Alba.

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