domenica, Aprile 20, 2025

“Saman Abbas uccisa da tutta la famiglia”. Ergastolo a genitori e cugini, 22 anni allo zio

La Corte di Assise d’Appello di Bologna ha condannato all’ergastolo i genitori e i cugini di Saman Abbas. Lo zio, invece, è stato condannato a 22 anni. Sono state riconosciute le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi. La 18enne pachistana venne uccisa e sepolta in un casolare vicino alla casa dove viveva la famiglia a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, la notte tra 30 aprile e primo maggio del 2021. Per la Corte la giovane, che aveva rifiutato un matrimonio forzato, è stata uccisa da tutta la famiglia. La Procura generale aveva chiesto l’ergastolo per tutti e cinque gli imputati. In primo grado i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, erano stati condannati all’ergastolo; lo zio Danish Hasnain (che ha fatto trovare il cadavere) a 14 anni, mentre i cugini Noman Hulhaq e Ikram Ijaz erano stati assolti.
Nessuno ha mai confessato l’omicidio, si sono accusati a vicenda, ma per i giudici di Appello tutta la famiglia è responsabile di aver ucciso Saman Abbas. Quattro anni dopo la morte della ragazza pachistana di Novellara, la Corte di Bologna, ribaltando in buona parte la sentenza di primo grado, ha accolto l’impostazione dell’accusa.
“Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima” Dopo circa tre ore di camera di consiglio il collegio dell’Assise di Appello ha letto il dispositivo in un’aula gremita di giornalisti, fotografi e cameraman, una lettura accolta in silenzio. Poco prima, una decina di donne, avvocatesse di parte civile, semplici cittadine, l’ex sindaca di Novellara Elena Carletti, avevano esposto un cartello scritto in lingua urdu: “Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”.
La storia di Saman La storia di Saman inizia a Mandi Bahauddin, in Pakistan, il 18 dicembre 2022. Arrivata nel 2016 a Novellara, ha trovato la sua fine vicino alla casa dove viveva la famiglia e da cui voleva fuggire. Si faceva chiamare Italiangirl sui social, non accettava le regole e le tradizioni delle sue origini, voleva farsi una vita sua, vivere liberamente, non sposare un parente in patria in un matrimonio combinato.
Un simbolo, suo malgrado È diventata un simbolo, suo malgrado. Ribelle inconsapevole, l’ha definita il procuratore di Reggio Emilia Gaetano Paci, nella requisitoria di primo grado. Voleva girare senza velo, senza restrizioni, frequentare chi desiderava. Sogni interrotti per sempre in una notte di primavera, tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, quando è stata assassinata, probabilmente strozzata, nel vialetto davanti a casa e sepolta in una buca profonda tre metri, dentro un casolare diroccato, a poche centinaia di metri dall’abitazione familiare.
Il ritrovamento del cadavere Qui è stata trovata, dopo essere stata cercata in lungo e in largo, in un giorno grigio di autunno inoltrato, a novembre di un anno dopo. A dire dove era stata deposta, è stato lo zio Danish Hasnain, l’uomo indicato dal fratello di Saman come l’esecutore materiale del delitto, ma che a più riprese ha affermato la propria innocenza per l’omicidio. Danish era stato fermato in Francia, dove era fuggito, a settembre 2021. Prima di lui era stato preso il cugino Ikram Ijaz, sempre nel paese transalpino, mentre l’ultimo dei tre ad essere preso era stato Noman Ulhaq, il secondo cugino della vittima, in Spagna.
L’arresto del padre e poi quello della madre Poco prima del ritrovamento del cadavere è stato arrestato in Pakistan il padre, Shabbar Abbas, l’ultima è stata la madre, a maggio 2024. Entrambi sono stati estradati, con provvedimenti storici: mai era successo che il Paese asiatico consegnasse i propri cittadini accusati dall’autorità giudiziaria italiana. Shabbar è arrivato nel corso del processo di primo grado, Nazia alla fine di agosto 2024, quando era già stata condannata all’ergastolo.
Hanno negato in tutti i modi di aver ucciso la figlia In aula hanno pianto, hanno negato in tutti i modi di aver ucciso la figlia. Hanno accusato gli altri, hanno smentito le dichiarazioni del loro altro figlio, il fratello minore di Saman che per l’accusa era un testimone chiave. Anche se la sostituta pg Silvia Marzocchi ha sostenuto che il quadro indiziario era già sufficientemente forte, pure senza le sue parole. Il giovane ha preferito non assistere alle ultime udienze. Nazia, la madre di Saman, è invece rimasta a lungo seduta a capo chino, ascoltando la traduzione dell’interprete. Poche reazioni dagli altri due imputati detenuti, padre e zio. I due cugini sono usciti rapidamente dall’aula Bachelet e poi sono rimasti fuori dal palazzo, insieme ai loro avvocati. Sono e rimangono, per il momento, a piede libero.

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