domenica, Aprile 27, 2025

E’ morto Alberto Franceschini, fu uno dei fondatori delle Brigate Rosse

E’ morto Alberto Franceschini, uno dei fondatori assieme a Renato Curcio e Mara Cagol delle Brigate Rosse. Il decesso è avvenuto l’11 aprile scorso ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Franceschini aveva 78 anni ed era stato condannato con sentenza definitiva, tra l’altro, per il sequestro del giudice genovese Mario Sossi e per l’omicidio di due sponenti del Msi avvenuta a Padova nel 1974. Nato a Reggio Emilia il 26 ottobre 1947, proveniva da una famiglia comunista: il nonno fu tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia (1921). Nel 1970 Franceschini, Curcio e Cagol trasformarono il Collettivo Politico Operai Studenti in una struttura clandestina armata. Le prime azioni – dai sabotaggi ai sequestri lampo – segnarono l’escalation terroristica culminata, nel 1974, con il rapimento del giudice genovese Mario Sossi e con l’uccisione a Padova dei militanti missini Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola.
Fu arrestato dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa l’8 settembre 1974 i carabinieri guidati dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, grazie all’infiltrazione dell’ex missionario Silvano Girotto – ribattezzato “Frate Mitra” – arrestarono Franceschini e Curcio in una cascina vicino a Pinerolo. Condannato a oltre 60 anni di carcere per banda armata, sequestro e omicidio, il brigatista si dissociò dalla lotta armata nel 1982 e uscì definitivamente di prigione nel 1992. Dopo la scarcerazione Franceschini si trasferì a Roma, dove diresse una cooperativa legata all’Arci, impegnata nell’inserimento lavorativo di migranti e detenuti. Il suo nome riapparve sulle cronache nel febbraio 2024, quando fu identificato dalla Digos alla commemorazione milanese per Alexei Navalny.
La famiglia ha scelto di mantenere il massimo riserbo: nessun necrologio pubblico, funerali in forma privata. “Era malato da tempo”, spiegano persone a lui vicine. L’eco del terrorismo che segnò l’Italia resta però intatto: con Franceschini se ne va uno dei testimoni diretti di una stagione che ancora interroga il Paese. Renato Curcio e la moglie Mara Cagol guidarono, insieme a Franceschini, il nucleo originario delle Brigate Rosse. Provenienti dall’Università di Trento e dalle lotte operaie milanesi, trasformarono il Collettivo Politico Operai Studenti in un’organizzazione armata clandestina. Curcio divenne il principale teorico delle BR, mentre Cagol fu fra le prime reclute addestrate all’uso delle armi: morì in uno scontro a fuoco con i carabinieri nel giugno 1975, pochi mesi dopo l’arresto del marito. Con l’espressione “anni di piombo” si indicano, in Italia, i circa vent’anni compresi tra la fine dei Sessanta e la metà degli Ottanta, caratterizzati da terrorismo politico di estrema sinistra e destra, stragi, attentati dinamitardi e repressione dello Stato. Le Brigate Rosse, i Nuclei Armati Rivoluzionari e altri gruppi furono protagonisti di una stagione che causò centinaia di morti e migliaia di feriti, lasciando una ferita profonda nel tessuto democratico del Paese. Le Brigate Rosse non dichiararono mai un vero scioglimento ufficiale, ma si frammentarono in più rivoli dopo gli arresti di massa degli anni Ottanta. Nel 1987 il nucleo storico diffuse un documento di “sospensione strategica”, mentre altre sigle residuali proseguirono fino all’inizio degli anni 2000. L’ultimo attentato rivendicato da un gruppo che si ispirava alle BR risale al 2002 (omicidio di Marco Biagi). Secondo le stime ufficiali dell’Osservatorio sulle Vittime del Terrorismo, le Brigate Rosse furono responsabili di 86 omicidi e di oltre 450 feriti tra il 1970 e il 1988. A queste si aggiungono centinaia di sequestri di persona, rapine e attentati dinamitardi che danneggiarono gravemente l’economia e la vita civile italiana.

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