E’ il 26 novembre del 2019 quando Papa Francesco rientra a Roma dal viaggio in Thailandia e Giappone. Durante il volo, come di consueto, risponde alle domande dei giornalisti, che inevitabilmente si concentrano anche sul recente scandalo dell’acquisto del palazzo a Londra con i soldi dell’Obolo di San Pietro, dunque sull’uso delle finanze vaticane. Sul punto, il Santo Padre usa parole chiare: “Prima di tutto – dice – in una buona amministrazione normale: arriva la somma dell’Obolo, e cosa faccio? La metto nel cassetto? No, questa è una cattiva amministrazione. Cerco di fare un investimento così quel capitale non si svaluta, si mantiene o cresce un po’. Questa è una buona amministrazione. L’amministrazione del cassetto è cattiva. Ma si deve cercare una buona amministrazione o un buon investimento: chiaro? Un buon investimento, da noi si dice un investimento da vedove, come fanno le vedove, due o tre, cinque là, se cade uno c’è l’altro…un buon investimento è sempre sul sicuro e sul morale”. Subito dopo Papa Bergolio spiega: “Se tu fai un investimento con l’Obolo su una fabbrica di armamenti, l’Obolo non è l’Obolo lì, eh! Si può anche comprare una proprietà, affittarla e poi venderla. Ma sul sicuro, con tutte le sicurezze. Poi è successo uno scandalo, perché hanno fatto cose che non sembrano pulite. Ma la denuncia non è venuta da fuori. Quella riforma della metodologia economica che aveva già iniziato Benedetto XVI è andata avanti ed è stato il Revisore dei conti interno a dire: “Qui c’è una cosa brutta, qui c’è qualcosa che non funziona”. È venuto da me. Gli ho detto: “Lei è sicuro?”. Ha risposto: “Sì, cosa debbo fare?”. E io: “Ma c’è la giustizia vaticana, vada e faccia la denuncia al Promotore di giustizia”, e in questo io sono rimasto contento perché si vede che l’amministrazione vaticana adesso ha le risorse per chiarire le cose brutte che succedono dentro, come in questo caso, che se non è il caso dell’immobile di Londra – perché ancora questo non è chiaro – ma lì c’erano casi di corruzione”. Il “Promotore – aggiunge il Santo Padre – ha studiato l’accusa, ha fatto le consultazioni e ha visto che c’era uno squilibrio nel bilancio e poi ha chiesto a me il permesso di fare le perquisizioni. Io ho detto: “È sicuro?”. E lui: “Sì, c’è una presunzione di corruzione, e in questi casi io devo fare perquisizioni”. E io ho firmato le autorizzazioni. È stata fatta la perquisizione in cinque uffici, e al giorno di oggi, fermo restando la presunzione di innocenza, ma ci sono i capitali che non sono amministrati bene anche con corruzione. Credo che in meno di un mese inizieranno gli interrogatori delle 5 persone che sono state bloccate perché c’erano indizi di corruzione. Lei potrà dirmi, ma questi cinque sono corrotti? No, la presunzione è una garanzia per tutti, un diritto umano, ma c’è corruzione e si vede. Con le perquisizioni si vedrà se sono colpevoli o no”. È “una cosa brutta e non è bello che succedano queste cose in Vaticano – evidenzia ancora il Papa -, ma è stato chiarito dai meccanismi interni che cominciano a funzionare che il Papa Benedetto aveva iniziato a fare. Di questo ringrazio Dio: non che ci sia la corruzione, ma che il sistema del controllo vaticano funziona bene”. Poi, rispondendo ancora una domanda dei giornalisti sulle finanze vaticane, la presunta “guerra interna” su chi deve controllare i soldi, le dimissioni del Cda dell’Aif e sulla decisione del gruppo Egmont, circuito informativo globale, che ha sospeso il Vaticano dalle comunicazioni sicure, il Santo Padre spiega: “Il Vaticano ha fatto passi avanti nella sua amministrazione. Per esempio, lo Ior oggi ha la accettazione di tutte le banche e può agire come le banche italiane, normalmente, cosa che un anno fa ancora non c’era. Ci sono stati dei progressi. Poi il gruppo Egmont non è ufficiale. Il controllo internazionale non dipende dal gruppo Egmont. Il gruppo Egmont è un gruppo privato che ha il suo peso. È un gruppo privato. Moneyval farà l’ispezione. L’ha programmata per i primi mesi dell’anno prossimo e la farà. Il direttore dell’Aif è sospeso perché c’erano dei sospetti di non buona amministrazione. Il presidente dell’Aif ha fatto forza insieme al gruppo Egmont per riprendere la documentazione. E questo la giustizia non può farlo”. Davanti “a questo – ha aggiunto Papa Francesco – io ho fatto la consultazione presso un magistrato italiano di livello. Ho chiesto: cosa devo fare? Lui ha risposto: la giustizia davanti a un’accusa di una corruzione è sovrana in un Paese, è sovrana, nessuno può immischiarsi lì dentro, nessuno può dire al gruppo Egmont “le vostre carte sono qui”. No, devono essere studiate le carte per quello che sembra una cattiva amministrazione nel senso di un cattivo controllo. È stato l’Aif a non controllare, sembra, i delitti degli altri. Il suo dovere era controllare. Io spero che si provi che non è così, perché ancora c’è la presunzione di innocenza. Ma per il momento il magistrato è sovrano perché deve studiare come è andata, perché al contrario un Paese avrebbe un’amministrazione superiore che lederebbe la sua sovranità”. E subito dopo: “È la prima volta che in Vaticano la pentola viene scoperchiata da dentro non da fuori. Da fuori tante volte. Ma in questo Papa Benedetto è stato saggio, ha incominciato un processo che è maturato e adesso le istituzioni… che il revisore abbia avuto il coraggio di fare una denuncia scritta contro cinque persone… sta funzionando il revisore”. Il 9 dicembre del 2019, il Santo Padre torna sul tema della corruzione affidando il suo pensiero a Twitter proprio in occasione della giornata internazionale contro la corruzione: “La corruzione – scrive – avvilisce la dignità della persona e frantuma tutti gli ideali buoni e belli. Tutta la società è chiamata a impegnarsi concretamente per contrastare il cancro della corruzione che, con l’illusione di guadagni rapidi e facili, in realtà impoverisce tutti”. Ma sul tema della corruzione il Santo Padre è tornato anche più di recente. È il 15 febbraio del 2020, infatti, quando il Pontefice, inaugurando l’Anno giudiziario del Tribunale vaticano, spiega che le azioni di contrasto adottate dal Vaticano contro l’illegalità nel settore della finanza a livello internazionale “hanno recentemente portato alla luce situazioni finanziarie sospette, che al di là della eventuale illiceità, mal si conciliano con la natura e le finalità della Chiesa, e che hanno generato disorientamento e inquietudine nella comunità dei fedeli. Si tratta di vicende all’attenzione della magistratura, e devono essere ancora chiarite nei profili di rilevanza penale. Su di esse perciò non ci si può pronunciare in questa fase”. Poi il Santo Padre ha ribadito: “Premessa la piena fiducia nell’operato degli Organi giudiziari ed investigativi, e fermo restando il principio della presunzione di innocenza delle persone indagate, un dato positivo è che proprio in questo caso, le prime segnalazioni sono partite da Autorità interne del Vaticano, attive, sia pure con differenti competenze, nei settori della economia e finanza. Ciò dimostra efficacia e l’efficienza delle azioni di contrasto, così come richiesto dagli standard internazionali”. Il Papa, poi, ha evidenziato che la Santa Sede “ha avviato un processo di conformazione della propria legislazione alle norme del diritto internazionale e si è impegnata a contrastare l’illegalità nel settore della finanza a livello internazionale” alimentando “rapporti di cooperazione e condivisione di politiche ed iniziative di contrasto, creando presidi interni di sorveglianza e di intervento capaci di effettuare severi ed efficaci controlli”. Infine, il 28 febbraio scorso, assente nella basilica di San Giovanni in Laterano per una lieve indisposizione, il Santo Padre ha affidato le sue parole al cardinale Angelo De Donatis, che ha letto il suo discorso soffermandosi anche sula Chiesa che “ha subìto i colpi degli scandali”, evidenziando che “il sospetto ha reso i rapporti più freddi e formali” e sottolineando che “non si gode più dei doni altrui, anzi, sembra che sia una missione distruggere”.