“Per la sanità nella provincia di Latina cominciano ad intravedersi i primi spiragli. La riunione che si è svolta con il presidente Zingaretti, i sindaci del territorio ed i consiglieri regionali, è un fattore positivo. Significa che si è aperta una fase di dialogo dopo anni di silenzio. Il commissario ad acta della sanità nel Lazio ha compreso, finalmente, che ogni decisione non può prescindere dalla consultazione con chi, come i sindaci, sono il nodo di congiunzione con le esigenze dei cittadini. Il direttore generale della Asl ora dovrà mettere a punto il nuovo piano aziendale focalizzando gli interventi che possano traghettare la sanità pontina fuori dal tunnel dell’inefficienza. Questo sarà il primo vero banco di prova per capire se si tratta solo di parole o esiste una volontà politico amministrativa di cambiare volto alla sanità nella provincia di Latina. Le criticità da risolvere sono note: si deve rivedere il rapporto e la relativa convenzione con l’università che deve essere intesa come una risorsa e non come un limite, si deve chiudere la fase di emergenza che riguarda il presidio centro, trasformare nei fatti e non solo a parole come accaduto in passato l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina Dea di II livello e il Dono Svizzero di Formia Dea di I livello. Siamo consapevoli che alcuni di questi progetti non si potranno realizzare in pochi giorni o mesi ma siamo altrettanto convinti che collaborando tutti insieme potremo cambiare davvero la sanità nella provincia di Latina partendo dal riequilibrio della quota capitaria che mostra una disparità consistente tra Latina (1600 euro) e l’area romana (1900 euro). La provincia di Latina non può e non deve essere penalizzata. La nostra Asl è l’unica nel Lazio ad avere un bilancio in positivo e questo significa che ha ben operato nonostante i vincoli imposti dal piano di rientro e dal taglio delle risorse. Il punto è che dobbiamo metterla nelle condizioni, economiche ed operative, di erogare servizi qualitativamente e quantitativamente efficienti. Penso alla necessità di invertire la rotta che, con lo sblocco del turn over, ha visto di 91 professionalità confermate nel Lazio solo 7 destinate alle strutture di Latina. Ora bisogna passare alla fase operativa. Serve un cronoprogramma preciso che scandisca gli interventi da effettuare e i tempi di realizzazione Non dobbiamo più trovarci di fronte a situazioni in cui, come nel caso della tac e della risonanza magnetica a Terracina, dopo oltre un anno di attesa non si è ancora riusciti ad entrare a regime. Non possiamo più trovarci di fronte alla chiusura forzosa di interi reparti perché i medici e il personale possano andare in ferie. Vigileremo perché gli intenti si trasformino in realtà e perché le fasi del cronoprogramma che porterà alla realizzazione degli obiettivi che ci siamo prefissati non restino delle isole nel deserto”.