La pittura secondo Marano è anche un atto di accusa e ha avuto una parte importante nella sua produzione, una pittura esaltata dagli acrilici, dai bianchi e neri. “E poi, prosegue l’artista, un giorno il colore, l’olio, la tempera prendono il soppravvento, il quadro non è più un documento o un atto di accusa ma un intrattenimento per l’anima. Il desiderio di cambiare il mondo si tramuta dentro di me nella avventura di un viaggio attraverso i canoni del mito e della favola, il mio personale percorso verso la soggettività della rappresentazione”. Su Marano, Giorgio De Chirico annotava “riconosco la bella pittura”, Renato Guttuso di lui diceva “il pensiero della pittura, di ciò che deve dire con la pittura, lo possiede in modo totale”. “Ai bordi c’è solo la cornice e dentro la cornice il mondo è formulato da Marano come relazione di sé alla memoria” commentava la sua opera Salvatore Silvano Nigro. “Il tesoro nascosto di Vincenzo Marano”, l’esposizione di venti opere mai viste, si inaugura alla Galleria Michelangelo (via Giraud 6, Roma), sabato 22 marzo alle ore 18. La mostra sarà aperta ogni giorno, domenica esclusa, dalle ore 15:30 alle ore 19:30, fino al 20 aprile. A raccontare “Il tesoro” Francesco Gallo Mazzei, nel testo critico in catalogo, scrive di “non sense come sintesi di interni ed esterni, riflessi che sono altri quadri nel quadro, in cui il reale e il fantastico sono fortemente intricati a rete, come a dire che niente è come appare e non bisogna mai fidarsi di ciò che appare”. Mentre Duccio Trombatori, nel secondo testo del catalogo, commenta: “Che piacere entrare in contatto con la stoffa di un pittore dallo stile così allegramente pensoso, moraleggiante, satirico e pieno di domande a doppio fondo! E che non perde mai l’allegria di una superficie tutta ricamata e imbandita di colori”.