Le scuole hanno davvero le mani legate?
In un quadro del genere, i presidi hanno davvero poco margine di azione, con l’unica arma, veramente residuale, della sospensione delle lezioni. Sì perché, come vuole la normativa nazionale, tutti gli aspetti “strutturali” del sistema scuola passano per le mani degli enti locali. In sintesi, sono Comuni e Province ad avere l’ultima parola sugli interventi che riguardano gli impianti di riscaldamento. Con buona pace dei dirigenti scolastici che rimangono impotenti a guardare. Ma famiglie e studenti non si rassegnano e chiedono di più: cosa si può fare per arginare questo problema? Quali sono le misure da mettere in atto per far sì che le attività didattiche non si trasformino in una battaglia quotidiana contro il freddo? La stessa Skuola.net lo ha chiesto a Cristina Costarelli, presidente ANP del Lazio e dirigente scolastica del Liceo Scientifico “Newton” di Roma.
C’è una correlazione tra il freddo nelle classi e l’attuale crisi energetica?
“Non ci sono correlazioni strette, non ci risulta che gli enti locali abbiano abbassato le temperature degli impianti – o la durata di accensione – per via della crisi energetica. La situazione oggi è quella di sempre, tutto ciò che riguarda il riscaldamento non è in gestione delle scuole, ma degli enti locali. Quindi Comuni, per il primo ciclo, Province e Città metropolitane per il secondo. Quello che avviene è che gli enti locali, all’inizio dell’anno scolastico, chiedono alle scuole gli orari di apertura, ivi compreso il sabato. E poi stabiliscono un orario che, in genere, copre l’orario di attività”.
E allora perché gli alunni soffrono il freddo a scuola?
“Il fatto che gli alunni siano al freddo può accadere per guasti o malfunzionamenti, ma non è arrivata nessuna comunicazione sul fatto che la riduzione riguardi il risparmio energetico. Ritengo comunque impossibile che un ente locale decida di spegnere per risparmiare, lasciando gli alunni al freddo”.
Cosa dice la normativa riguardo le condizioni minime di “vivibilità” delle aule?
“Non ci sono indicazioni specifiche. Non c’è una norma sulla temperatura minima nelle aule. Si tratta di condizioni legate a un discorso generale di salute e sicurezza. Per cui, come è convenzione comune, un ambiente sotto i 18 gradi è un ambiente malsano. A quel punto i dirigenti scolastici avvisano l’ente locale richiamando l’intervento immediato. Qualora non ci sia, il dirigente scolastico può autonomamente decidere di sospendere le lezioni. A me è capitato nella scuola che dirigevo in precedenza: per un malfunzionamento della caldaia ho indicato la sospensione delle attività didattiche per un giorno. Nelle aule c’era una temperatura di 14°, non era vivibile. Come primo passo avevo chiesto all’ente locale di disporre la sospensione delle lezioni: non l’ha fatto come spesso succede in queste situazioni d’emergenza. Allora sono intervenuta io, comunicandolo alle famiglie e all’Ufficio Scolastico”.
Cosa può fare una famiglia o uno studente nel caso ritenga che la scuola sia troppo fredda?
“I passaggi sono quelli di avvisare il dirigente scolastico. Il preside procede a una rilevazione della temperatura nelle classi, poi avvisa l’RSPP – responsabile sicurezza scuola – per chiedergli se ci sono gli estremi per proseguire le attività. Se vengono meno tali condizioni, il passaggio successivo è quello d’informare l’ente locale. Concludo affermando che qualora dovessero esserci azioni per ridurre accensioni – per il risparmio energetico – noi come scuola, ma anche come Associazione Presidi, non ne abbiamo contezza. E se ciò avviene è per un’autonoma decisione degli enti locali”.