Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato la legge di conversione del decreto Milleproroghe ed ha inviato una lettera ai presidenti del Consiglio, Giorgia Meloni, del Senato, Ignazio la Russa, e della Camera, Lorenzo Fontana. Il capo dello Stato chiede modifiche sulle concessioni balneari. “L’esame della legge di conversione del decreto-legge” Milleproroghe “ha fatto emergere molteplici profili critici, dei quali il più evidente è rappresentato dai ricordati emendamenti relativi alle concessioni demaniali, che potrebbero giustificare l’esercizio della facoltà attribuitami dall’articolo 74 della Costituzione – scrive Mattarella – Sono tuttavia consapevole della delicatezza, sotto il profilo costituzionale, del rinvio alle Camere esercitato nei confronti di una legge di conversione di un decreto-legge, a pochi giorni dalla sua scadenza: farebbe, inevitabilmente, venir meno, con effetti retroattivi, in molti casi in maniera irreversibile, tutte le numerose altre disposizioni che il decreto-legge contiene, determinando incertezza e disorientamento nelle pubbliche amministrazioni e nei destinatari delle norme”. “Quanto alle modifiche approvate in materia di concessioni demaniali, è evidente che i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali definitive accrescono l’incertezza del quadro normativo e rendono indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento. Sarà infatti necessario assicurare l’applicazione delle regole della concorrenza e la tutela dei diritti di tutti gli imprenditori coinvolti, in conformità con il diritto dell’Unione, nonché garantire la certezza del diritto e l’uniforme applicazione della legge nei confronti dei soggetti pubblici e privati che operano in tale ambito” scrive il presidente della Repubblica. Il capo dello Stato sottolinea che “il testo del decreto-legge contiene, in seguito all’esame parlamentare, 205 commi aggiuntivi rispetto ai 149 originari. Il decreto-legge appartiene a una oramai consueta tipologia i cui limiti di contenuto sono stati puntualmente individuati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 22 del 2012. La Corte ha infatti così osservato: ‘I cosiddetti decreti milleproroghe, che, con cadenza oramai annuale, vengono convertiti in legge dalle Camere, sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che richiedono interventi regolatori di natura temporale. Del tutto estranei a tali interventi è la disciplina ‘a regime’ di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono essere quindi oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all’art. 71 Costituzione’. È del tutto evidente come, trattandosi di provvedimenti che, per loro natura, attengono ad ‘ambiti materiali diversi ed eterogenei’, quando se ne smarrisce la ratio unificatrice, rappresentata dall’esigenza regolatoria di carattere temporale, si trasformano in decreti-legge omnibus del tutto disomogenei, vale a dire in meri contenitori dei più disparati interventi normativi”. “Verrebbe in tal modo palesemente violato – nota il capo dello Stato – il requisito dell’omogeneità di contenuto che la Corte costituzionale ha, in più occasioni, ritenuto oggetto di tutela costituzionale (si vedano le sentenze n. 247 del 2019 e n. 32 del 2014) e al rispetto del quale ho ritenuto di richiamare i Governi e il Parlamento della precedente legislatura, con le lettere dell’11 settembre 2020 e del 23 luglio 2021”. “Queste considerazioni sono state ribadite dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 245 del dicembre scorso, proprio con riferimento ad un decreto-legge ‘proroga termini’, dichiarando illegittima una norma in materia tributaria in quanto del tutto estranea al contenuto e alla finalità del decreto-legge originario e considerando del tutto irrilevante il fatto che nel preambolo del decreto-legge vi fosse un riferimento alla ‘straordinaria necessità ed urgenza di provvedere alla proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di adottare misure in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie’. Se così non fosse, la semplice evocazione della materia tributaria nell’epigrafe e/o nel preambolo potrebbe avere la conseguenza paradossale di ‘diventare lo strumento per vanificare i limiti costituzionali all’emendabilità del decreto-legge in sede di conversione; ciò a detrimento delle ordinarie dinamiche del confronto parlamentare, così prefigurando un procedimento legislativo alternativo a quello ordinario, anche mediante il ricorso al maxiemendamento e alla questione di fiducia’”.