Inizia la stagione delle prove Invalsi. Un appuntamento che, ogni anno, coinvolge milioni di studenti di cinque diversi livelli scolastici: seconda e quinta elementare, terza media, secondo e quinto superiore. Su quattro materie – italiano, matematica, inglese reading (lettura), inglese listening (ascolto); fanno eccezione la seconda elementare e il secondo superiore, che non hanno la prova di inglese. Con le prove che saranno svolte totalmente al computer – tranne che nella scuola primaria – secondo un calendario che stabilisce la scuola all’interno delle “finestre” fissate dall’istituto. Puntualmente, alla vigilia, dubbi e incognite si accavallano nella mente di studenti e genitori. A maggior ragione quest’anno, con le prove che saranno per la prima volta requisito di ammissione all’esame di Maturità; saranno proprio i prossimi maturandi a inaugurare il calendario Invalsi, a partire dal primo giorno di marzo.
Prove Invalsi: il presidente dell’Istituto risponde
Per questo, per rispondere al maggior numero possibile di quesiti sulla struttura e sul funzionamento di queste prove standardizzate il sito Skuola.net ha interpellato il massimo esperto in materia: Roberto Ricci, presidente dell’Istituto Invalsi. Costruendo assieme a lui una sorta di mappa per orientarsi.
Quale sarà il calendario delle prove Invalsi 2023?
“Dal 1° marzo saranno chiamati a svolgerle proprio i ragazzi di quinto superiore. Saranno i primi perché poi dovranno preparare le prove d’esame. Dall’inizio di aprile toccherà, poi, ai ragazzi di terza media. Nella prima decade di maggio sarà la volta dei bambini di quinta elementare e seconda elementare, che sono gli unici che continueranno a svolgere le prove con carta e penna; tutti gli altri lo faranno tramite una piattaforma online. Infine, a partire all’incirca dal 10 maggio fino alla fine del mese, toccherà agli alunni di secondo superiore. Quest’anno, poi, saranno coinvolti per la prima volta – sempre a maggio – gli studenti che frequentano i corsi serali”.
Quanto durano le singole prove?
“La durata delle prove varia a seconda del grado scolastico. Quelle dei ragazzi più grandi sono più lunghe di quelle dei bambini. La durata standard – esclusi dunque quei ragazzi che hanno bisogno, per esigenze personali, di maggiore tempo – per gli studenti più grandi è di un’ora e mezza per le prove di italiano e matematica, mentre quelle di inglese sono più brevi, approssimativamente 45 minuti per la prova di reading e di 60 minuti per quella di listening. A ricordare allo studente quanto manca alla fine della prova, c’è un timer con il tempo che scorre. Ma le prove erogate sono state provate e riprovate su studenti di pari età negli anni passati, quindi il tempo concesso è il risultato di una stima ragionevole. Inoltre tradizionalmente, l’Italia non ha un problema di numeri alti di studenti che non riescono a concludere le prove nel tempo stabilito”.
Quando si svolgono, di preciso, le prove?
“Sarà la scuola, a seconda delle proprie esigenze, a far svolgere le prove all’interno dell’intervallo di tempo prestabilito per i vari livelli. La prova, specie laddove presentata al computer, ha la massima flessibilità. Quindi il consiglio dato alle scuole è quello di non far svolgere più di due prove al giorno. Anzi, la situazione più frequente vede lo svolgimento di una sola prova al giorno. Inoltre, si può prendere tutta la classe in blocco o dividerla in più scaglioni”.
Che significa che le prove sono requisito d’esame?
“Le prove che cominciano il 1° marzo, che coinvolgeranno circa mezzo milione di alunni in uscita dalle scuole superiori, sono prove il cui svolgimento è obbligatorio, in quanto requisito di ammissione all’esame di Stato. L’esito però non incide direttamente sul voto di Maturità. Basta averle svolte. La stessa cosa avviene per la terza media ma, in questo caso, non è una novità: lo erano già state anche prima della pandemia, nel 2018 e nel 2019. Non c’è niente da perdere, anzi: nel caso dei maturandi, se vanno bene ricevono per ogni singola prova un badge elettronico da poter spendere all’università o nel mondo del lavoro”.
Che succede se si è assenti il giorno delle prove?
“Non succede niente, potendo essere recuperate in giorni alternativi. Proprio perché, tranne che nella scuola primaria, si usa il computer ci possiamo permettere la massima flessibilità. Quindi, se lo studente è assente, la scuola può far recuperare le prove in qualsiasi momento, nel caso dei maturandi entro la fine di marzo. E, in casi più gravi, il recupero può essere fatto anche dopo. Oltretutto, quest’anno, proprio perché è requisito d’esame, è stata prevista una sessione suppletiva, che va ad aggiungersi a tutte queste settimane, che parte da circa la fine di maggio fino alla fine delle lezioni. L’obiettivo è che nessuno dovrà saltare l’esame di Stato perché non ha potuto svolgere le prove INVALSI”.
Che succede, invece, se il computer smette di funzionare all’improvviso, ad esempio per cali di connessione o interruzioni di corrente?
“In genere distinguiamo due scenari: se l’interruzione è di durata inferiore ai dieci minuti, la prova può riprendere senza arrecare problemi allo studente, perché la tempistica assegnata alla prova tiene già conto di questi dieci minuti di sicurezza; se invece l’interruzione ha durata superiore, la prova si interrompe e la scuola deciderà quando far rifare la prova, tenendo presente che le risposte già fornite sono considerate buone e lo studente darà solo le risposte dal quel momento in poi, visto che in termini di dati persi il peggio che può succedere è di perdere la risposta che si sta dando nel momento in cui c’è l’interruzione”.
Ma, alla fine, qual è lo scopo delle prove Invalsi?
“Rispondono a diversi obiettivi. Il primo, di carattere più generale, è fornire al sistema scolastico quindi a tutto il Paese un’informazione sullo stato degli apprendimenti fondamentali. Questo per aiutare chi è in difficoltà. Poi c’è la finalità di fornire alle singole scuole sui singoli studenti ma, ancora una volta, da un lato per individuare le situazioni di maggior fragilità e dall’altro sostenere gli alunni più capaci. Infine un vantaggio per i singoli studenti: il fatto che le prove Invalsi siano un’altra cosa, distinta, rispetto al classico voto consente, infatti, agli studenti di mettersi alla prova cercando di dare il meglio senza avere la preoccupazione di ricevere un voto. Inoltre, le singole prove Invalsi, possono aiutare tanto gli studenti che verranno dopo perché, dalle informazioni che si ricavano, si riesce a capire cosa non funziona nella scuola”.
Ma l’esito delle prove influisce sui voti scolastici o su quello degli esami?
“Come detto, per quanto riguarda la Maturità e l’esame di terza media il risultato delle prove non inciderà in alcun modo sul voto finale. Ma, più in generale, i professori non possono utilizzare i risultati delle prove Invalsi per assegnare voti validi ai fini della pagella. Solo per le prove della primaria, dove l’esito è basato più su un monitoraggio che su una valutazione, il docente può utilizzare questo strumento per impostare la propria didattica”.
Cosa si può portare il giorno della prova?
“Sul sito Invalsi è descritto puntualmente cosa si può portare e cosa no. L’idea di base, però, è quella di allargare il più possibile l’elenco, perché nelle prove non ci sono domande specifiche, che magari si possono trovare in un libro, ma saranno quesiti in cui bisogna mettere insieme delle informazioni presenti nel proprio bagaglio. Un po’ quello che sempre più accade all’università, con lo studente che spesso può portare libri e appunti, perché quello che si richiede è qualcosa di più della semplice nozione. La cosa più importante è quello che si porta nella propria testa”.
E’ consigliabile esercitarsi?
“Esercitarsi con ragionevolezza serve sempre. Per capire come funzionano le cose, per avere un po’ di dimestichezza con le prove. Ma è inutile pensare di farne tante immaginando di andare meglio. Quello che conta è aver capito. Comunque, sul sito INVALSIOpen si possono trovare tante prove del passato, con cui fare pratica”.
Quando escono i risultati e come consultarli?
“Anche qui bisogna distinguere tra i diversi gradi scolastici. Gli studenti più grandi, che sono in gran parte maggiorenni, possono inserire i propri dati e ottenere delle credenziali con cui poter consultare in autonomia gli esiti delle prove, a partire dalla seconda metà di giugno. Per i più piccoli, invece, il risultato è filtrato dalla scuola, grosso modo all’inizio di settembre. Mentre i risultati complessivi del Paese vengono dato all’inizio di luglio. In ogni caso, lo studente o i genitori, vedranno sia il livello raggiunto (da 5, il più alto, a 1, il più basso) ma anche la descrizione delle competenze possedute con quel livello. Tutte le prove Invalsi, inoltre, così come le certificazioni, sono declinate in senso positivo; ci dicono “cosa so fare”, in modo tale da poterci riflettere ed eventualmente darsi da fare per migliorare. Una cosa che serve principalmente per sé stessi”.
E’ vero che le certificazioni linguistiche che si ottengono in quinto superiore attraverso la prova di Inglese possono essere molto utili a chi andrà all’università?
“Dipende dall’ateneo, ognuno ha le sue regole. Ma effettivamente ci sono delle università che usano le certificazioni Invalsi per “abbonare” agli studenti gli esami di certificazione linguistica. In linea di massima, infatti, gli atenei richiedono il livello B1 per la laurea di primo livello triennale e il livello B2 per quella di secondo livello quinquennale. Ovviamente bisogna raggiungere questo livello nelle prove, purtroppo ci sono studenti che non ce la fanno”.
Nei questionari ci sono anche delle domande di tipo personale, per quale motivo?
“Il Paese ha tante situazioni molto differenti tra loro, ad esempio di tipo geografico – è diverso abitare in un grande o in un piccolo centro – o di carattere sociale ed economico. Siccome l’obiettivo numero uno delle prove è quello di aiutare il sistema a crescere, i risultati vanno dati in funzione della situazione in cui questi risultati si producono. Le scuole, per migliorare, hanno bisogno di sapere come vanno gli altri istituti che vivono in un contesto molto simile al loro. Le informazioni che non riguardano le materie oggetto delle prove, però, sono strettamente anonime: gli insegnanti, le scuole, i dirigenti, i genitori ma neanche l’istituto Invalsi possono vederle. E sono raccolte con una procedura concordata con l’Autorità Garante per la Privacy”.