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lunedì, Ottobre 14, 2024

Giorgia Meloni: “Patto di stabilità, non diremo sì se non possiamo rispettarlo”

La scontro in Aula sul salario minimo, gli accordi tra Italia e Albania e, ancora, premierato e Pnrr sono stati tra gli argomenti toccati durante l’intervista rilasciata da Giorgia Meloni a Rtl 102.5. Tra i temi affrontati anche quello della magistratura e il ruolo sempre più preponderante dell’Italia nel dialogo con l’Unione Europea. “Un anno intenso”, quello affrontato dalla premier da poter vivere solo “giorno per giorno, come direbbe Rambo. Ossia affrontare i problemi in modo pragmatico, cercando di fare gli interessi degli italiani. Il nostro è un lavoro fatto sempre con serietà”. “Il punto – ha affermato la premier – è che il 97% dei contratti normati con Ccnl ha già il proprio salario minimo. Approvare una norma del genere significherebbe rischiare di abbassare la soglia minima di quei contratti. Il vero problema sta nelle sacche in cui il salario anche se normato risulta inadeguato – pensiamo al lavoro domestico o alla sicurezza privata. Noi – spiega Meloni – ci dobbiamo occupare di chi il salario già ce l’ha. Cosa che nessun governo di centro sinistra ha fatto”. Quindi la stoccata anche ai sindacati, “che rivendicano il salario minimo ma quando vanno a siglare i contratti collettivi firmano per compensi a poco più di cinque euro l’ora, come è accaduto per la sicurezza privata. I sindacati dovrebbero essere più coerenti”. “Ieri il Consiglio dei Ministri ha ratificato l’accordo, innovativo e che si muove nel pieno rispetto del diritto internazionale. E necessario per gestire e decongestionare la burocrazia legata all’immigrazione illegale. L’accordo sull’immigrazione con l’Albania – ha aggiunto – può anche rappresentare un precedente se riusciamo a farlo funzionare bene”. “In Albania verranno gestite sotto la giurisdizione italiana le richieste per capire quali accogliere e quali rimpatriare. La sinistra contesta perché spera che non riusciamo a risolvere il problema. Cosa che noi contiamo di fare in una realtà in cui ci confrontiamo con flussi senza precedenti”. Giorgia Meloni lo definisce “la madre di tutte le riforme” e respinge le accuse che vedono in questo modo indebolito il ruolo del Presidente della Repubblica. “Noi non abbiamo toccato poteri del Presidente Mattarella, di cui rimane inalterato il valore e il ruolo. La riforma consiste nel far decidere agli italiani chi deve guidare il governo. Chi contesta la riforma è perché è stato abituato a fare bello e cattivo tempo, facendo e disfacendo il governo sulla pelle degli italiani per mettere ai posti di potere gente che non è stata votata”. Il premierato secondo Meloni consente anche un investimento politico e pratico a lungo termine: “Il capo del governo eletto direttamente dai cittadini è tale per stare in carica cinque anni. L’Italia ha pagato l’instabilità di governi la cui durata media è stata di circa un anno e mezzo. Questo non ha permesso al nostro Paese di avere una visione strategica industriale, estera, su niente. Per questo non abbiamo credibilità internazionale: perché nessuno vuole fare accordi con un governo che sanno non durerà a lungo”. “Un governo con cinque anni di tempo – ha aggiunto – sa che viene giudicato dopo cinque anni perché i risultati si vedono con più calma. È la riforma da cui dipendono tutte le altre e per questo faranno di tutto per impedirla. Per questo penso che arriveremo al referendum per chiedere agli italiani cosa vogliono fare”. “Siamo il primo Paese europeo a prendere la quarta rata ed entro fine dicembre presenteremo gli obiettivi della quinta. Le priorità secondo il nostro governo erano diverse da quello precedente: abbiamo deciso di dare sostegno alle aziende, alla sanità, al diritto allo studio, alla Emilia Romagna”. Alle critiche di chi parla di mancanza di coesione nel suo governo Giorgia Meloni risponde: “La coesione di una maggioranza si vede dalla velocità con cui il governo lavora. Si lavora velocemente perché è facile mettersi d’accordo. Ho visto governi impantanati su qualsiasi cosa per mesi”. “Oggi abbiamo una grande occasione – ha detto la presidente del Consiglio – quella di riuscire anche nel Parlamento Europeo ad avere una maggioranza che abbia una visione più compatibile e di strategia. Obiettivo in Ue è che l’Italia conti di più. In un anno al Consiglio mi sono resa conto del fatto che molti temi e problemi italiani non erano mai stati posti o posti correttamente e non venivano per questo ascoltati”. “Sarà una campagna elettorale tosta in UE, ma potremmo trovarci con una Europa più capace di darci risposte e dove l’Italia conta di più”. “In Italia si cerca ogni giorno di costruire uno scontro tra politica e magistratura, che io non vedo e particolarmente non potrebbe venire da me che essendo persona di destra ho grande rispetto per chi serve lo Stato. Io penso che politica e magistratura debbano lavorare insieme per rafforzare la lotta alla criminalità organizzata, per rafforzare la lotta alla mafia, per rendere più veloce anche la giustizia italiana, per combattere le inefficienze. Penso che i provvedimenti che il governo ha fatto in questo anno dimostrino come vogliamo del nostro meglio per dare una mano alla magistratura a poter lavorare con maggiore efficacia ed efficienza, e questo è il mondo visto dal punto di vista”. Giorgia Meloni ha quindi aggiunto che “in Italia ci sia una piccola parte, piccolissima parte se vogliamo anche se rumorosa, della magistratura che per ragioni ideologiche ritiene di dover fare altro rispetto a quello che è il suo ruolo proprio, che ritiene di dover disapplicare i provvedimenti del governo quando c’è un governo che non condivide o che ritiene di dover influenzare il dibattito politico, questo è un fatto”. “Mi ha colpito non tanto per i giudici che stanno lì a disapplicare le norme sull’immigrazione che fa il governo, mi ha colpito ancora di più che ci sia l’Associazione nazionale magistrati che dica che la riforma costituzionale voluta dal governo sostanzialmente è un attacco alla magistratura e addirittura rappresenti una deriva anti-democratica. Io so però che questo è un elemento che riguarda una piccola parte della magistratura, e non cambia il ruolo, il lavoro e il valore che la stragrande maggioranza dei magistrati fa in Italia e che io voglio aiutare in ogni modo, anche con una riforma della giustizia che secondo me va fatta perché ci sono elementi sui quali intervenire può sicuramente far lavorare tutti molto meglio”. Giorgia Meloni chiede cautela nel parlarne: “Sono ore serrata di trattativa, è un momento molto delicato posso parlarne poco. Crediamo che un’Europa seria debba tenere in considerazione le strategie che si è data. Il punto principale che poniamo sono gli investimenti: quando si fanno le regole sui parametri che gli Stati devono rispettare, non si può non tenere conto degli investimenti che l’Europa chiede. Ci sono altri punti di vista, stiamo facendo del nostro meglio per trovare una sintesi efficace ma ragionevole: l’unica cosa che non si può fare è dire di sì a regole che non si possono rispettare”. L’eco del funerale di Giulia Cecchettin è ancora forte: “La giornata di ieri, il lutto, è da leggere come una svolta, per la partecipazione culturale. Nella tragedia, quella di ieri è stata una giornata da intendere come l’inizio di qualcosa di nuovo sul piano culturale. Questa è una materia sulla quale tutti, destra e sinistra, dobbiamo interrogarci, avere un ruolo”. “Il punto – ha continuato Meloni – è che il mondo sta cambiando e dobbiamo capire come. Perché a monte il problema è sempre lo stesso: alcuni uomini che non accettano l’emancipazione, alcuni uomini che non accettano la libertà delle donne e, soprattutto, non accettano i no. Le leggi ci sono. Ma è sul piano culturale che bisogna intervenire. Alle donne italiane dico che siamo libere e che non è normale avere paura di un uomo che dice di amarti. Ma un modo per essere aiutate c’è, il 1522. Non siete sole, chiamate questo numero e sarete aiutate”.  Giorgia Meloni l’ha definita “un lavoro difficile. E quando mancano i soldi lo è ancora di più. Noi partivamo da una situazione molto complessa, per mettere due numeri in fila: abbiamo 13 miliardi in più di interessi sul debito per l’aumento dei tassi della Bce e 20 miliardi di crediti superbonus.  Partivamo con meno 33 miliardi, ciononostante abbiamo fatto una manovra da 28 miliardi, concentrando le risorse su poche grandi priorità, come la difesa del potere d’acquisto delle famiglie, il  mantenimento del cuneo contributivo. Abbiamo iniziato la riforma fiscale – ha spiegato  – accorpando le prime due aliquote, e adeguato le pensioni, particolarmente quelle più basse sulla sanità, con un aumento che lo porta al massimo storico. E ci siamo anche occupati di famiglia e  natalità”.

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