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venerdì, Luglio 26, 2024

Il Papa alla Curia romana: imparare l’arte dell’ascolto, rischiamo di essere come dei lupi rapaci

“Anche nella Curia c’è bisogno di imparare l’arte dell’ascolto. Prima dei nostri doveri quotidiani e delle nostre attività, soprattutto prima dei ruoli che rivestiamo, occorre riscoprire il valore delle relazioni, e cercare di spogliarle dai formalismi, di animarle di spirito evangelico, anzitutto ascoltandoci a vicenda. Con il cuore e in ginocchio”. Papa Francesco si rivolge alla Curia romana nel suo discorso in occasione degli auguri natalizi nell’Aula della Benedizione del Palazzo Apostolico Vaticano. Il Papa è entrato prima spinto sulla sedia a rotelle e poi camminando con l’aiuto di un bastone. “Ascoltiamoci di più, senza pregiudizi – ha sottolineato – con apertura e sincerità; con il cuore in ginocchio. Ascoltiamoci, cercando di capire bene cosa dice il fratello, di cogliere i suoi bisogni e in qualche modo la sua stessa vita, che si nasconde dietro quelle parole, senza giudicare. E lo ripeto: ascoltare è diverso da udire. Camminando per le strade delle nostre città possiamo udire molte voci e molti rumori, eppure generalmente non li ascoltiamo, non li interiorizziamo e non ci restano dentro. Una cosa è semplicemente udire, un’altra cosa è mettersi in ascolto, che significa anche ‘accogliere dentro'”. “A volte, anche nella comunicazione tra di noi, rischiamo di essere come dei lupi rapaci: cerchiamo subito di divorare le parole dell’altro, senza ascoltarle davvero, e immediatamente gli rovesciamo addosso le nostre impressioni e i nostri giudizi”. Invece, “per ascoltarsi c’è bisogno di silenzio interiore, ma anche di uno spazio di silenzio tra l’ascolto e la risposta. Prima si ascolta, poi nel silenzio si accoglie, si riflette, si interpreta e, soltanto dopo, possiamo dare una risposta”. Il Papa ha invitato la Curia a non decidere secondo criteri mondani, ma di discernere: “Per tutti noi è importante il discernimento, questa arte della vita spirituale che ci spoglia della pretesa di sapere già tutto, dal rischio di pensare che basta applicare le regole, dalla tentazione di procedere, anche nella vita della Curia, semplicemente ripetendo degli schemi, senza considerare che il Mistero di Dio ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e restano sempre superiori alle idee e alle teorie. La vita è superiore alle idee, sempre. Abbiamo bisogno di praticare il discernimento spirituale, di scrutare la volontà di Dio, di interrogare le mozioni interiori del nostro cuore, per poi valutare le decisioni da prendere e le scelte da compiere. Il discernimento deve aiutarci, anche nel lavoro della Curia, ad essere docili allo Spirito Santo, per poter scegliere gli orientamenti e prendere le decisioni non in base a criteri mondani, o semplicemente applicando dei regolamenti, ma secondo il Vangelo”. “Anche nel servizio qui nella Curia è importante restare in cammino, non smettere di cercare e di approfondire la verità, vincendo la tentazione di restare fermi e di ‘labirintare’ dentro i nostri recinti e nelle nostre paure. Le paure, le rigidità, la ripetizione degli schemi generano staticità”, ha spiegato, “che ha l’apparente vantaggio di non creare problemi – ‘quieta non movere’ -, ci portano a girare a vuoto nei nostri labirinti, penalizzando il servizio che siamo chiamati a offrire alla Chiesa e al mondo intero. E restiamo vigilanti contro il fissismo dell’ideologia che spesso, sotto la veste delle buone intenzioni, ci separa dalla realtà e ci impedisce di camminare”. “Invece siamo chiamati a metterci in viaggio e camminare, come fecero i Magi, seguendo la Luce che vuole sempre condurci oltre e che talvolta ci fa cercare sentieri inesplorati e ci fa percorrere strade nuove”, ha indicato. Perciò, ha aggiunto Francesco, “quando il servizio che svolgiamo rischia di appiattirsi, di ‘labirintare’ nella rigidità o nella mediocrità, quando ci troviamo ingarbugliati nelle reti della burocrazia e del ‘tirare a campare’, ricordiamoci di guardare in alto, di ripartire da Dio, di lasciarci rischiarare dalla sua Parola, per trovare sempre il coraggio di ripartire. E non dimentichiamo che dai labirinti si esce solo ‘da sopra’”. Secondo il Papa, “ci vuole coraggio per camminare, per andare oltre. È questione di amore. Ci vuole coraggio per amare”. “La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo – ha osservato -. A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra ‘progressisti’ e ‘conservatori’, questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra ‘innamorati’ e ”abituati’. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare”. “Il Signore Gesù, Verbo Incarnato, ci doni la grazia della gioia nel servizio umile e generoso. E, per favore, non perdiamo il senso dell’umorismo, che questo è salute”. Così il Papa ha concluso il suo discorso.

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