sabato, Novembre 23, 2024

Crisi politica a Cerveteri, “forse meglio farsi aiutare”

Credo di essere stato l’ultimo, in sostituzione di mio padre Checchino, a ricevere nella chiesetta di Sant’Antonio alla Boccetta l’attestato di Massaro cervetrano. La cerimonia, tenuta dal compianto Carletto Petrocchi, insignì anche la famiglia Di Lucia: Menicuccio era presente. L’attestato di Massaro veniva assegnato a quelle famiglie che da oltre un secolo erano “cervetrani”. Poi anche questa tradizione, come molte altre è venuta meno. Ovviamente l’essere nato in un posto non necessariamente determina amore, rispetto, cura, accudire quel luogo, quella comunità. Certamente l’esserci da più di cento anni fa vivere i problemi e le positività tradite del proprio Paese in modo più stridente: come l’effetto della carta vetrata sfregata con violenza sulla pelle viva. A nessuno ritengo possa essere sfuggito quanto noiosamente ed a iosa scrivo dal 2004 sulla sorte che ci accomuna: la cosa più dolorosa è stata la non replica il non confronto : anche severo, duro ma che ti faceva sentire comunque ascoltato. I problemi di Cerveteri sono da anni, tanti anni, conosciuti anche dai sampietrini che giacciono sotto l’asfalto di via Agyllina. Quanto ritengo sia sempre mancato sono le risposte, a queste problematiche. Quando un uomo è in stato di salute pessimo, quando tutto sembra volgere al peggio, a nulla servono i palliativi, le pillole per lenire per breve tempo il dolore: occorrono misure drastiche, soluzioni rivoluzionarie. Da tempo la Comunità si trova in una situazione difficile, non solo economica quanto e soprattutto morale: la disaffezione nei confronti delle Autorità in senso lato (non faccio riferimento a persone singole, ognun fa a cazzotti con la sua coscienza) ne rappresenta la punta più visibile. Fatta questa lunga e forse prolissa premessa mi sento di invitare chi ha cariche pubbliche (di ogni e qualsiasi tipo ed importanza) a prendersi sulle spalle le responsabilità che il momento richiede e se è il caso, e credo PROFONDAMENTE lo sia, di farsi aiutare da quanto di meglio il popolo cervetrano ha fatto crescere nella sua terra tufacea e che sarebbe, ritengo, disposto a rimboccarsi le maniche per far uscire dalla palude spesso stagnante il Paese.

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